mercoledì 30 giugno 2021

I SETTE SANTI FONDATORI DELLA BRETAGNA

 



I SETTE SANTI FONDATORI DELLA BRETAGNA
Tra le cose belle delle grandi corse ciclistiche a tappe, c'è la conoscenza di luoghi, tradizioni, storie spesso poco note al grande pubblico.
In questi giorni di tappe in Bretagna - Tour de France - ho conosciuto la storia leggendaria dei Sette Santi fondatori della Bretagna, narrata dallo scrittore Fabio Genovesi. 

Un racconto che come tutte le narrazioni in parte leggendarie, si fonda sempre su verità storiche: in questo caso, l'evangelizzazione delle terre bretoni da parte di monaci provenienti da Galles e Irlanda che, insieme alla Cornovaglia, formano storicamente una sorta di grande 《nazione celtica》 che resistette alle invasioni germaniche di Inghilterra e Gallia.
Interessante il pellegrinaggio tra le sette sepolture dei Santi che ne ricorda altri similari, come le celeberrime sette Basiliche romane, al fine di acquisire l'indulgenza.

https://www.rivistaetnie.com/santi-e-viaggi-nelle-leggende-dei-bretoni/

https://biblio.toscana.it/argomento/Sette%20santi%20fondatori%20della%20Bretagna

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Curiosità 《araldica》.

Nella foto in alto:《Gwenn ha du》!
Gwenn ha du》: questa è stata la bandiera che si è vista molto lungo i percorsi di queste prime tappe della 《Grande Boucle》 sulle strade della Bretagna, regione dell'estremo nord-ovest della Francia.

La bandiera bretone; una bandiera recente, 1923, ma che affonda le radici nella storia antichissima di una terra orgogliosa dalla forte impronta celtica.
Una terra molto legata storicamente e linguisticamente alle altrettanto celtiche Cornovaglia e Galles, non lontanissime via mare, e Irlanda.
Una regione-ponte tra le lingue Celtiche bretoni e britanniche (Alta Bretagna) e quelle Gallo-Latine (Bassa Bretagna).

Qualche breve curiosità sulla bandiera bretone:


Mauro Rosati



mercoledì 23 giugno 2021

PRIMITIVI...MA IN ALTA DEFINIZIONE!

 

PRIMITIVI...MA IN ALTA DEFINIZIONE!

(Le «modernità di facciata»)




E così, nelle prossime settimane inizierà la transizione verso la totale alta definizione, il digitale terrestre di seconda generazione; dopo poco più di dieci anni dal primo digitale.

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Non avrei nulla da ridire se fossimo un Paese digitalmente già avanzato sulle cose prioritarie.

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Altissima definizione dell'immagine: stiamo iniziando la «transizione ecologica» ma dovremo buttar via televisori anche relativamente nuovi e, in ogni caso, perfettamente funzionanti; con conseguente aumento di rifiuti elettronici del tipo RAEE e, immaginiamo, con i soliti «trogloditi» che li butteranno via abusivamente in qualche posto improvvisato!



Altissima definizione dell'immagine...ma intanto votiamo ancora come 75 anni fa:

scatoloni con nastro adesivo, file ai seggi, tonnellate di carta sprecata per le "lenzuola" (schede elettorali). Ci sono Paesi dove già da anni si sperimenta e si attua il voto elettronico, anche da casa, riducendo gli afflussi ai seggi elettorali. «Bastano» una buona connessione, un apposito dispositivo di lettura e una carta di identità elettronica; ovviamente chi vuole può recarsi anche di persona ai seggi. E stiamo parlando di Paesi che una volta venivano classificati come «Secondo Mondo»; si sono rimboccati le maniche, si sono evoluti e ora fanno parte a pieno titolo del «Primo Mondo».



Altissima definizione...ma, come ai tempi del censimento di Ottaviano Augusto, tanta gente si sposta di centinaia di chilometri per andare a votare presso il proprio Comune di residenza, con conseguente impatto sulle già alte emissioni inquinanti.
Poi, per carità, chi vuol farsi una passeggiata 
«fuori porta» è sempre libero!



Altissima definizione...ma ancora dobbiamo fare inutili spostamenti - spesso in auto - e file agli sportelli per pratiche amministrative banali e ordinarie che potrebbero essere espletate digitalmente e rapidamente da casa; con recupero dei «tempi morti» di spostamento, traffico e ricerca parcheggi.



Altissima definizione...ma ancora tanti borghi e sobborghi d'Italia non hanno una copertura internet degna di questo nome.

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Altissima definizione poi, per che cosa? 

Scusate, ma ancora me ne sfugge l’urgenza!

Per vedere una ruga in più sul volto del conduttore di turno? Per contare i fili d'erba su un campo di calcio? Giusto per elencarne qualcuna!



Personalmente, per adesso mi tiro fuori: che si offrano tutti i bonus che si vogliono ma non cambierò il mio televisore, a costo di guardarci soltanto i DVD! Per il resto mi arrangerò con la rete internet!

Tanto la televisione la guardo poco o nulla già da diversi anni!


I soldi di questi bonus - per quanto mi riguarda - potrebbero invece essere utilizzati per il potenziamento e il completamento capillare della copertura internet nazionale!

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Va bene anche l'alta definizione…ma soltanto quando potrò seguire anche online eventi culturali - gratuiti o a pagamento - che si svolgono a decine o a centinaia di chilometri di distanza: convegni, presentazioni, mostre digitali.

Nulla togliendo a chi avesse la possibilità di assistervi direttamente.



Va bene anche l'alta definizione…ma quando si potrà ricevere online una ricetta medica, senza file negli ambulatori, e quando si potrà pagare un ticket sanitario a distanza.



Va bene anche l'alta definizione…ma soltanto quando avremo una copertura internet a tappeto su tutto il territorio, soltanto quando la maggior parte delle incombenze quotidiane (riunioni varie, voto, pagamenti, pratiche burocratiche, ricette sanitarie, pagamento ticket sanitari, acquisti) si potranno effettuare a libera scelta sia «a distanza» sia «in presenza» - a libera scelta di ciascuno di noi.

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Personalmente trovavo, e trovo molto più pratica la modalità digitale «a distanza», che elimina le tempistiche di contorno e consente di poter svolgere riunioni, conferenze e altri adempimenti direttamente da una postazione collegata - ovviamente con libera scelta per chi volesse proseguire alla vecchia maniera -.

La penso così da tanti anni e a maggior ragione oggi, da quando è iniziata questa pandemia!

 


 

Mauro Rosati


 

Su queste tematiche, vedi anche: «Meno giri, più efficienza»

( https://pianetalaquila.blogspot.com/2021/05/meno-giri-piu-efficienza.html 




lunedì 21 giugno 2021

Aestatis Solstitium

Aestatis Solstitium

 


Solstitium - Sol stat

15½d – 8½n / Iter: NE>S>NW

 

Oggi inizia l'Estate astronomica nell'emisfero boreale.

 

Sole allo "Zenith" sul Tropico del Cancro.

Nel nostro emisfero boreale, la notte raggiunge la durata massima rispetto al dì, mentre il Sole percorre un itinerario approssimativo da Nord-Est (dove sorge) a Nord-Ovest (NW; dove tramonta), passando ovviamente per il Sud (dove raggiunge il punto più alto della giornata).

A nord del Circolo Polare Artico il Solstizio d'Estate è il giorno in cui il dì dura 24 ore; ovviamente a sud del Circolo Polare Antartico accade il contrario.

 

Nella nostra città dell'Aquila, considerando come riferimento la latitudine approssimativa della Torre di Palazzo, il sole raggiunge oggi un'"altezza" massima di 71° 05' 46".

Il risultato si ottiene sommando l'inclinazione dell'asse terrestre (che al momento è di circa 23° 27' 00") all'altezza del Sole agli Equinozi (che nella nostra città è di circa 47° 38' 46", sempre con riferimento alla Torre di Palazzo); quindi 47° 38' 46" + 23° 27' 00" = 71° 05' 46".

 

Nota 1. Sull'altezza del Sole agli Equinozi, nella nostra città, vedi anche:

https://pianetalaquila.blogspot.com/2018/09/bentornato-autunno.html?m=1

 

Nota 2. L'inclinazione dell'asse terrestre cambia nel corso dei millenni, oscillando tra un massimo di 24° 20' e un minimo di 21° 55'.

Al giorno d’oggi è, appunto, di 23° 27'.

 

(Fonte:

https://www.treccani.it/enciclopedia/terra_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/ )

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La Primavera trascorsa è stata complessivamente soddisfacente, sia per le temperature sia per le precipitazioni.

Hanno fatto eccezione un’ondata di calore tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, e qualche «bolla africana» umida a intermittenza, dal mese di maggio.

Per il resto le precipitazioni sono state più che buone rispetto all’anno scorso, con neve in città fino ad aprile, temperature fresche più simili alla normalità della nostra zona, e piogge costanti. Queste precipitazioni hanno un pochino alleggerito il «peso» della siccità quasi costante che ha caratterizzato il periodo tra giugno 2019 e agosto 2020, la quale ha pesantemente alleggerito le falde acquifere e quindi anche le sorgenti, i fiumi e i laghi, come un po’ in tutta Italia.

Grazie a questa Primavera fresca, piovosa e nevosa, dai 2000 metri in su i lembi di neve dell’Inverno trascorso hanno superato la metà di giugno: un traguardo importante in questi tempi di riscaldamento globale; la normalità fino a 15-20 anni fa.

In questi giorni più recenti - invece - la cappa di una nuova «bolla» africana si sta facendo più pesante e insistente, con il cielo lattiginoso e un’aria biancastra e carica di foschia umida anomala per le nostre zone.

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Per chi gradisse, concludo in musica con un breve estratto dell'"Estate" di Antonio Vivaldi:

https://youtu.be/s8O7kR6O9Vg

 

 

Mauro Rosati



giovedì 17 giugno 2021

Tra ZERO e CENTOTTANTA - ANGOLI DI AFFINITÀ


 

Tra ZERO e CENTOTTANTA - ANGOLI DI AFFINITÀ

Ieri, mentre riflettevo «sul più e sul meno» durante le faccende quotidiane, ho avuto improvvisamente la «visione geometrica» di un concetto.

Un concetto che ho compreso gradualmente negli anni, come esperienza di vita, ma che solo da quell'istante si è palesato davanti agli «occhi della Mente» in maniera semplice e chiara: una riflessione «meditativa» che si è tramutata in un banalissimo schema geometrico.

In quell'istante sono forse emerse - contemporaneamente e spontaneamente - l'«anima contemplativa» e l’«anima matematica».

 

Ho visto i rapporti umani come un angolo compreso tra 0° e 180°, la stessa «distanza angolare» che separa il mezzogiorno dalla mezzanotte - 12 ore -, il nord dal sud, l'est dall'ovest - su una rosa dei venti -.

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Nei rapporti umani, dall'amicizia ai legami di coppia, esiste un «angolo» che distanzia due persone: l'ampiezza di quest'angolo determina le possibilità e la qualità di un certo legame.

 

Non esiste l'angolo 0° perché non esistono due persone perfettamente identiche: per quanto si sia affini, c'è sempre un minimo di «scarto».

Non esiste neanche l'angolo di 180° perché anche due «nemici» apparentemente agli antipodi avranno sempre un qualcosa - seppur minimo - che li accomuna.

 

Quindi, tutto si gioca tra 0° e 180°, esclusi gli estremi - appunto - (0°<α<180°, «tradotto» matematicamente).

 

Dall'ampiezza dell'angolo «α» dipende un po' tutto!

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Tra 0° e 90° ci sono tutti i legami più forti, di amicizia o di coppia: in quello spazio - infatti - due individui camminano e guardano pressappoco verso la stessa direzione.

Se poi quell'angolo di distanza è sotto i 45°, c'è un'affinità particolare: è lo spazio ideale per i legami di coppia più forti. Ma si può comunque arrivare fino a 89°!

Se invece parliamo di amicizia, possiamo arrivare a un angolo accettabile di 135°, anche se - superati i 90° - si cammina e si guarda verso direzioni quasi contrarie.

 

Per riassumere un po'!

Le amicizie più forti e più solide sarebbero quelle sotto i 90° di differenza.

I legami di coppia più forti sarebbero quelli sotto i 45° di differenza.

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C'è solo un problema però: non si conosce una formula matematica per calcolare quest'angolo - almeno per quanto ne sappia -. 

Se così fosse, i rapporti umani non sarebbero tanto altalenanti e complessi!

 

Quell'angolo di differenza impariamo a percepirlo pian piano. Soltanto nel corso del tempo e nella graduale conoscenza reciproca, si capisce l'ampiezza approssimativa di questo angolo immaginario!

È come un'immagine sfocata che gradualmente si fa sempre più chiara, e i modi e i tempi non sono uguali per tutti: sia che si tratti di amicizia sia che si tratti di legami di coppia.

 

E - un po' come accade con una bussola -, anche quando l'angolo ci sembra abbastanza chiaro, non è mai completamente definito: proprio come l'ago di una bussola, che indica una direzione ma sempre con una leggera oscillazione, e sempre sensibile a qualche perturbazione magnetica!

 

 

Mauro Rosati

 

 


lunedì 14 giugno 2021

UN MONUMENTO NAZIONALE...QUASI DIMENTICATO

Regio Decreto 21 novembre 1940, n. 1746
(Fonte: «Normattiva»)


 
Regio Decreto 1746/1940 - Elenco (pag. 1)
(Fonte: «Normattiva»)

Regio Decreto 1746/1940 - Elenco (pag. 2)
(Fonte: «Normattiva»)


Articolo pubblicato sulla stampa locale nel mese di giugno 2021

UN MONUMENTO NAZIONALE…QUASI DIMENTICATO

Riscopriamo la nostra Cattedrale

 

 

«Considerata l’opportunità di elevare alla dignità di monumenti nazionali le Chiese cattedrali di alcune Città d’Italia, particolarmente importanti per il loro pregio storico od artistico […]

Abbiamo decretato e decretiamo:

sono dichiarate monumenti nazionali le Chiese cattedrali delle città indicate nell’elenco annesso al presente decreto […]»

(Regio Decreto 21 novembre 1940, n. 1746 / Fonte: «Normattiva»)


 

Siamo nel 1940.

Con questo preambolo, re Vittorio Emanuele III apre il Regio Decreto 21/11/1940, n. 1746, che riconosce il titolo di «monumento nazionale» a una serie di Cattedrali italiane.

L’elenco allegato è firmato dall’allora Ministro per l’Educazione nazionale (il Ministro dell’Istruzione) poiché all’epoca non esisteva ancora l’odierno Ministero della Cultura, e i Beni Culturali erano in capo al Ministero dell’Istruzione.


Ebbene, come molti tra voi già sapranno, anche la Cattedrale dell’Aquila viene riconosciuta «monumento nazionale», come si legge nell’elenco allegato al Regio Decreto.

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Un monumento nazionale che – come Comunità – abbiamo troppo a lungo trascurato, se non dimenticato; ovviamente non per tutti è stato così e non si vuole generalizzare.

Un monumento nazionale che ci appartiene: alla nostra Città e al nostro Territorio tutto.


Oggi dalla stampa apprendiamo periodicamente che il percorso per la ricostruzione della nostra Cattedrale dei Santi Massimo e Giorgio sta procedendo.

 

Facciamo però un passo indietro, guardando per un attimo agli anni passati: già da prima del sisma del 2009, il nostro bel Duomo godeva di scarsa considerazione tra molti di noi. Il lungo periodo di abbandono dopo il crollo del transetto provocato dal sisma del 2009 è passato purtroppo nell’indifferenza di tanti, a testimonianza di questa poca considerazione.

Evidentemente, come molti hanno osservato, la nostra Cattedrale era diventata «poco popolare» e non veniva più percepita come il «cuore» della Comunità cittadina. Troppo sbrigativamente è stata spesso considerata una chiesa «brutta», «di poco valore», un «vecchio rottame» e quant’altro.


 

Invece, se andiamo a conoscerla meglio, ci accorgiamo che non è proprio così: la nostra Cattedrale è una vera e propria «fabbrica» che da più di 700 anni è in continua evoluzione, e ha raccolto stratificazioni architettoniche e artistiche che toccano un po’ tutte le epoche, dal Duecento al Novecento. Insomma, un grande edificio sacro che vale molto più di quanto tanti fra noi non credano.


 

Ho utilizzato la parola «cuore» per definire la Cattedrale, senza retorica e non casualmente: nelle righe che seguono argomento in breve il perché di questa definizione.

 

Un famoso disegno di epoca rinascimentale (da Francesco di Giorgio Martini)  raffigura il concetto di città, paragonandola a un corpo umano: ebbene, in questo corpo umano la Cattedrale («Tempio») è collocata proprio sul cuore, la sede dei sentimenti e della spiritualità; le Cattedrali, inoltre, sono anche edifici dal grande valore civico e, infatti, nello stesso disegno la Piazza (spazio civico e commerciale) è raffigurata sopra la pancia, esattamente davanti al Tempio-Cattedrale.

E proprio a proposito di «cuore», fino al secolo scorso era così anche per la nostra Cattedrale: cuore della nostra Città e del nostro Territorio, in quanto chiesa-madre di tutta la Diocesi.

Ricordo - nel 2010 - una testimonianza diretta dell’architetto aquilano Marcello Vittorini (1927-2011), in occasione di un incontro pubblico presso l’Archivio di Stato dell’Aquila: egli ricordava e raccontava come nelle Festività più importanti dell’anno liturgico, ad esempio il Natale e la Pasqua, tante persone - di ogni ceto sociale - partivano a piedi (la maggior parte) dai borghi del nostro circondario per raggiungere la nostra Città e seguire le Messe solenni nella Cattedrale dei Santi Massimo e Giorgio.


Un sentimento che con il passar del tempo si è affievolito, e che solo una conoscenza o una riscoperta di questo monumento nazionale possono aiutarci a ravvivare.


 

Per chi volesse fare un primo passo verso la conoscenza, o la riscoperta, del nostro antico Duomo, suggerisco la lettura di varie pubblicazioni disponibili ma - come approccio - richiamo anche un mio breve articolo pubblicato sulla stampa in anni recenti: «La fabbrica della Cattedrale aquilana» (vedi collegamenti in basso).

 

 

Mauro Rosati

 


https://www.ilcapoluogo.it/2017/07/06/alla-riscoperta-della-cattedrale-di-san-massimo/


https://news-town.it/cultura-e-societa/16567-l-aquila,-un-viaggio-in-sette-secoli-di-storia-la-fabbrica-della-cattedrale.html




venerdì 11 giugno 2021

QUANDO MARZO AVEVA 30 GIORNI!

 

Allegoria del mese di marzo
(Fonte immagine: 
http://www.evus.it/it/index.php/news/zoom/il-cavaspina-sotto-il-segno-dei-pesci/ )


QUANDO MARZO AVEVA 30 GIORNI

L'Uomo e la Natura


In questi giorni, anche riflettendo sul precario periodo storico che il Mondo sta vivendo, mi è tornato alla mente un racconto d'Infanzia.

«La leggenda di Marzo e del Pastore» 


Si tratta di una breve narrazione popolare - tramandata oralmente - che rimane di stretta attualità, ancor di più - appunto - nell'epoca che stiamo vivendo.


È infatti una leggenda che - apparentemente - vuole raccontare perché Marzo abbia 31 giorni ma, se andiamo a rileggerla con la coscienza degli adulti, troviamo anche una morale più sottile.



Un racconto per piccoli e grandi!
Cerco di riportarlo per iscritto come meglio lo ricordo.
😊

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C'era un tempo immaginario in cui Marzo aveva 30 giorni e Aprile ne aveva 31.

 

Sempre a quel tempo c'era un Pastore che possedeva un grande gregge.


 

Ogni giorno il Pastore portava al pascolo le sue pecore e, conoscendo il clima "pazzo" del mese di Marzo, usciva sempre prudentemente con mantello e ombrello.

Ogni giorno Marzo gli chiedeva dove andasse con le sue pecore, in modo da «colpirlo» e prendersi gioco di lui con qualche scroscione di pioggia o magari con la neve.

Il Pastore, però, ogni giorno mentiva a Marzo, indicandogli sempre un posto diverso da quello dove poi andava effettivamente.

Ogni sera Marzo chiedeva al Pastore come fosse andata la giornata, sperando di avergli fatto uno scherzo con qualche burrasca improvvisa. Il Pastore, soddisfatto, raccontava a Marzo che il tempo era stato ottimo.

 

E così Marzo rimaneva sempre deluso dal fatto che il suo «scherzo» non fosse riuscito.

 

Arrivato il 30 del mese, l'ultimo giorno, il Pastore si rivolse a Marzo, dicendogli più o meno così: « - Oggi è l'ultimo giorno, domani arriva Aprile e tu non potrai farmi più niente! - ». Dopodiché, gli disse anche il luogo in cui avrebbe portato le pecore, questa volta senza mentire, credendo che Marzo fosse ormai finito.


Marzo, indispettito dalla risposta del Pastore decise di tendergli un tranello. Andò da suo fratello Aprile e gli disse pressappoco così: « - Frateju Abrile prestame 'n atru dì, che te faccio le peji pe' mi e pe' ti! (Fratello Aprile, prestami un altro dì e ti procuro le pelli, per me e per te) - ».

 

Aprile accettò lo scambio e regalò il suo «31» a Marzo.

 

Il giorno dopo, il Pastore - troppo sicuro e imprudente - uscì senza ombrello e senza mantello, convinto del fatto che fosse arrivato Aprile.

A quel punto Marzo lo sorprese in piena giornata, scatenandogli contro una forte burrasca che fece disperdere la maggior parte del gregge, con la perdita di molte pecore (le pelli che Marzo aveva promesso ad Aprile erano proprio le pelli di pecora).


Il Pastore, bagnato e sconsolato, tornò a casa, e a quel punto Marzo gli rivelò il suo tranello, chiedendogli beffardamente: « - Com'è andata oggi? - ».


Ovviamente conosceva già la risposta.

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Riflessione
Se adesso pensiamo a Marzo come alla personificazione della Natura, e al Pastore come fosse l'Essere Umano - ecco il perché delle maiuscole - la morale sembra molto chiara:

l'Uomo, imprudente e arrogante, che sfida la Natura «a viso aperto» è destinato ad essere punito dalla Natura stessa.


È lei - la Natura - che «detta le regole» (le «leggi naturali») e l’Uomo - che è parte della Natura - deve adattarsi nel miglior modo possibile (ombrello e mantello), senza mai sfidarla alla pari o, peggio ancora, offenderla.


La Natura non va piegata alle nostre regole e ai nostri ritmi: una morale che dobbiamo sempre aver presente, oggi come in passato.

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Nota 1
Ovviamente, come tutti i racconti popolari, esistono delle varianti locali che magari già conoscete in maniera un po' differente. Ma la sostanza della narrazione è quella che vi ho riportato.

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Nota 2

Parallelamente a questo racconto mi sono tornati alla mente anche il pensiero e l’opera del Leopardi.

Giacomo Leopardi riflette spesso sul rapporto Uomo-Natura: in particolare, se non lo avete già fatto, vi consiglio la lettura del «Dialogo della Natura e di un Islandese» (1824).

Vi sembrerà scritto ai nostri giorni!

https://it.m.wikisource.org/wiki/Operette_morali/Dialogo_della_Natura_e_di_un_Islandese

Vi segnalo anche un brevissimo estratto dal film
«Il giovane favoloso» (2014); si tratta della scena in cui Giacomo Leopardi sogna l’incontro e il dialogo di se stesso - nella parte dell’Islandese - con la personificazione della Natura:

https://youtu.be/onnPG6Psvrk

 

 


Mauro Rosati