(Fonte immagine: «Finanza Semplice») |
«Il
PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della
loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la
bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza
del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto
né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di
noi.» (dal «Discorso sul PIL» di Robert “Bob” Kennedy, 18/03/1968)
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Un passo dal cosiddetto «Discorso
sul PIL» di Robert Kennedy. Gli altri passaggi sono riportati in fondo alla
pagina.
Ovviamente questo
passaggio va interpretato e bisogna saperlo leggere nella sua essenza.
Non vuol dire che non dobbiamo
produrre ricchezza né migliorare le nostre condizioni economiche, vuol dire
invece una cosa più importante: la produzione della ricchezza va messa su una
bilancia a due piatti insieme al benessere fisico e psichico della persona.
Finché le due cose sono in equilibrio
un sistema economico è produttivo e sano.
Se invece l'equilibrio si sbilancia
troppo e soltanto verso la ricerca “forsennata” della produttività e del
denaro, compromettendo la felicità e la salute psico-fisica degli individui e
della società, allora dobbiamo "rallentare" o "fermarci" un
attimo.
A quel punto, meglio un pochino più
"poveri" ma nel benessere personale: per “più poveri” non si intende
diventare disoccupati e affamati; vuol dire invece un viaggio in meno,
un'automobile in meno e magari più piccola, riparare le cose anziché buttarle,
uno “sfizio” extra in meno (e tanti altri possibili esempi).
Insomma, piccole rinunce che però ci riportano alla giusta dimensione umana:
lavorare meno ore ma lavorare tutti, qualche straordinario in meno e più tempo
da dedicare alle proprie famiglie; tutto quello che ci fa stare meglio come
esseri umani, liberandoci da sovraccarichi eccessivi che ci possono sfinire.
Allora ecco che il PIL è importante ma non può essere l'unica unità di misura
del benessere di una nazione; la corsa sfrenata alla continua crescita del PIL
non deve diventare "nevrosi collettiva".
Quando è necessario, meglio qualche punto in meno di PIL e salvaguardare la
salute e il benessere dei cittadini.
Anche perché è fisiologico: il
mercato non può crescere sempre, ce lo insegna la storia; ci sono momenti in
cui la produzione arriva alla saturazione e l'offerta diventa troppa rispetto
alla domanda. E quindi, ciclicamente, si arriva sempre a un punto di crisi;
vale a dire: quando il PIL si ferma a “riprendere il fiato” o addirittura fa
qualche passo indietro.
Un sistema economico in perenne crescita credo che non esista: ci sono
rallentamenti, soste e poi ripartenze.
Tra l’altro, fin dagli anni Settanta
del XX secolo si parla anche di FIL
(Felicità Interna Lorda) e diversi economisti contemporanei sostengono
questo approccio: la “Felicità”, intesa come benessere psico-fisico
complessivo, è fondamentale per poter godere dei benefici di un buon PIL (Prodotto
Interno Lordo).
Mauro
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P.S.. Di seguito tutti i passaggi del
«Discorso sul PIL» di Robert Kennedy:
«Non troveremo mai un fine per la
nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del
benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo
spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese
sulla base del Prodotto Interno Lordo.
Il PIL comprende anche
l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per
sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le
serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che
cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza
per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di
napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare
la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti
che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle
loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto
della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della
gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia
o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o
l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei
nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.
Il PIL non misura né la
nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra
conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura
tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere
vissuta.
Può dirci tutto
sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.»