lunedì 30 giugno 2025

PAGANICA: L'ARALDICA RACCONTA

Paganica (L'Aquila): arme nobiliare 'di Costanzo'.
(Foto: Fernando Rossi)

 


Paganica (L'Aquila), arme nobiliare del casato di Costanzo / de' Costanzo / Costanzo.

(Foto: Fernando Rossi)

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Cenni storici.

Antica famiglia nobile di probabile origine puteolana (Pozzuoli), il casato di Costanzo fu ascritto alla nobiltà napoletana nei 《Sedili》 (o seggi) di Montagna e di Portanova.

I 《Sedili》 sono distretti urbani in cui è suddivisa storicamente la Città di Napoli: ad ognuno di questi distretti, che avevano funzione amministrativa, corrispondeva un seggio (o《sedile》, appunto) nell'ambito del governo autonomo napoletano.

I casati non assegnati a un seggio specifico venivano ascritti alla 《nobilità fuori Seggio》. Gli stemmi dei Sedili di Napoli sono raffigurati sul campanile della basilica napoletana di San Lorenzo Maggiore, il cui complesso è stato cuore storico-amministrativo della Città di Napoli e non solo, perno urbanistico della città fin dalle origini greche.

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A Paganica.

Il casato 'di Costanzo' si diffuse in varie Province del Regno di Napoli e dalla metà del Settecento acquisì Paganica dalla famiglia Mattei Orsini, ottenendo poi il titolo di Duchi di Paganica (da cui lo splendido《Palazzo Ducale》alle porte del centro abitato); titolo già del casato Mattei Orsini di Roma.

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Lo stemma (vedi foto).

Lo stemma 'di Costanzo' si riconosce con una certa facilità; è normalmente diviso a metà in orizzontale (《troncato》) e contiene due tipologie di figure ricorrenti:

- in alto, un leone 《passante》, ossìa raffigurato nell'atto di camminare con una zampa anteriore sollevata;

- in basso, sei costole/coste disposte tre per lato.

Mentre il leone ha un significato più simbolico, poiché richiama diverse virtù, le costole/coste potrebbero essere invece un riferimento 《parlante》 (esplicito) al cognome di Costanzo.


Blasonatura (descrizione dello stemma).

Vediamo adesso due blasonature (descrizioni) dell'arme 'di Costanzo'.

Come per molti stemmi possiamo ovviamente trovare varianti differenti a seconda dell'epoca e dell'area geografica, ma non si tratta di una regola fissa.

Di seguito due versioni a titolo di esempio, estratte da due stemmàrî.


Una versione 《napoletana》:

D'azzurro, a sei coste d'argento 3 e 3 poste in fascia, abbassate sotto una riga rossa sormontata da un leone passante d'oro. 》.


Una versione 《abruzzese》:

D’azzurro a 6 costole umane d’argento poste 2, 2 e 2, al capo cucito d’azzurro, caricato d’un leone leopardito d’oro. 》


Note

- Il 《capo》 è una partizione (suddivisione) dello scudo araldico, posta in alto, che occupa 2/7 dello spazio totale del campo dello scudo. Si differenzia dalla partizione 《troncata》 che invece divide lo scudo orizzontalmente in due parti uguali.

- Il leone 《leopardito》 (o 《illeopardito》) è un leone rappresentato in maniera più somigliante a un leopardo e generalmente con la testa 《in maestà》, ossia raffigurata di fronte, verso chi guarda.

- La 《cucitura》è una linea sottile di colore nero che si applica negli stemmi quando due colori vengono a contatto. In Araldica infatti si distinguono i 《metalli》 (oro e argento, e più raramente ferro e acciaio), i 《colori》 (es: azzurro, rosso), le 《pellicce》 (es: armellino/ermellino). La regola generale vuole che un colore non debba toccare un altro colore e un metallo non debba toccare un altro metallo: se ciò accade è opportuno disegnare una linea sottile nera (la 《cucitura》).

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Un ringraziamento allo storico paganichese Fernando Rossi per la nitida immagine dell'arme 'di Costanzo' che accompagna questo contributo.



Mauro Rosati

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MEMORIA E MÒNITO: CALASCIO AI SUOI CADUTI

 

Calascio (L'Aquila): monumento ai Caduti
della Prima Guerra Mondiale.

(Foto: Mauro Rosati, 2025)

Calascio (L'Aquila): monumento ai Caduti
della Prima Guerra Mondiale;
particolare con i nomi dei Caduti in epìgrafe.

(Foto: Mauro Rosati, 2025)


Calascio (L'Aquila), piazza della Vittoria: monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale.

Parole chiave: 

1-《panòplia》; 

2-《monumento》.


1 - La 《panòplia》, vocabolo italiano di origine greca, indica un insieme di armi disposte a 《trofeo》, generalmente come ornamenti esteriori di 《armi》 (stemmi) araldiche o raffigurate in opere artistiche celebrative. 

I trofei erano in origine le armi sottratte ai nemici ed esposte come simbolo di vittoria; con il passar del tempo divennero composizioni ornamentali simboliche.

In ambito artistico-araldico troviamo generalmente due tipologie principali di 《panòplie》:

- una versione classica più antica, caratterizzata da corazze, scudi, elmi, lance, spade ed altre armi tradizionali;

- una versione più moderna, a partire dal Cinquecento circa, dopo l'introduzione bellica delle armi da fuoco, nella quale troviamo anche fusti di cannoni con relative bocche da fuoco, spesso insieme a tamburi da guerra, alabarde, lance, e altre armi simili.


Anche nel monumento ai Caduti di Calascio possiamo riconoscere una sorta di 《panòplia》, ma diversa dalle precedenti poiché più vicina alla nostra epoca e con significati differenti:

in questo caso, infatti, le armi non celebrano la gloria di un casato o di una personalità specifica bensì richiamano la Memoria tragica dei Caduti in combattimento durante la Prima Guerra Mondiale.

È una 《panòplia》 più inquietante poiché le armi e gli oggetti raffigurati sono più vicini alla nostra sensibilità contemporanea: si riconoscono un fucile apparentemente del tipo 《a baionetta》, proiettili di artiglieria di vario calibro che possiamo osservare su entrambi i lati e, sulla destra, una specie di cassetta, di borsa, che a prima vista ricorda le 《gavette》 dell'equipaggiamento dei militari al fronte, generalmente semplici scatole di latta per le vivande, o più probabilmente una sacca porta-munizioni che faceva sempre parte dell'equipaggiamento dei soldati.

Rispetto alle 《panòplie》 tradizionali sopra descritte, le armi e l'equipaggiamento qui riprodotti colpiscono sia per la drammaticità del contesto, sia perché richiamano quella che viene spesso definita come l'ultima delle guerre 《antiche》 e la prima delle guerre 《moderne》, storicamente molto vicina alla nostra epoca: nel corso della Prima Guerra Mondiale compaiono i carri armati, che sostituiranno gradualmente la cavalleria; i fucili e i gas, che affiancano i vecchi pugnali e mazze ferrate; i combattimenti aerei e i bombardamenti da terra, mare e aria.


2 - 《Monumento》, dal latino 《monere》(=ammonire).

Come abbiamo visto già nei casi di Assergi e di Fontecchio, questa tipologia di monumenti è caratterizzata da una sobrietà d'insieme ma allo stesso tempo da una forte efficacia comunicativa e riassuntiva.

Lo schema architettonico è quello a 《edicola》 classica, simile a un tempietto, con alcuni elementi ricorrenti:

- una lampada votiva, 

- una lapide con i nomi dei Caduti scritti in epìgrafe, 

- piante-simbolo come 

l'ulivo (allegoria della Pace), 

la quercia (allegoria di Forza, Resistenza), 

l'alloro (allegoria della Vittoria).


Nel caso del monumento di Calascio notiamo quelle che sembrano foglie di ulivo disposte in alto al centro, ai lati di un soldato con elmo che ricorda un po' un guerriero italico.

Sempre in alto, ai lati del timpano, vediamo ramoscelli di quercia con le caratteristiche foglie sagomate e le ghiande.

Più in basso, sulle due paraste verticali situate ai lati, osserviamo delle foglie che sembrerebbero proprio di alloro, con le caratteristiche piccole bacche sferiche.


Al centro dell'edicola, in alto, è collocato un rilievo riproducente il testo del 《Bollettino della Vittoria》(Bollettino di guerra n. 1268) firmato dal generale Armando Diaz e pubblicato dal Comando Supremo delle Forze Armate Italiane alle ore 12.00 del 04/11/1918 (vedi anche https://vive.cultura.gov.it/it/museo-centrale-del-risorgimento/cosa-vedere/bollettino-della-vittoria ):

La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d'Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza. - [firmato] A. Diaz》.

Nota araldica. In alto a destra del bollettino riprodotto si intravedono, in ombra, due stemmi, dei quali si riconosce bene quello di Trieste che generalmente accompagna quelli delle altre grandi città liberate. L'arme civica di Trieste si contraddistingue per il caratteristico motivo definito 《alabarda di San Sergio》, o 《spiedo》, o 《ferro d'agone》, motivo che ricorda un po' un giglio.


In basso, sempre al centro dell'edicola commemorativa, un'epigrafe su marmo riporta l'elenco dei nomi dei Caduti, introdotto da una dedica da parte della Comunità di Calascio: 《 A TVTTI I FIGLI PARTECIPANTI ALLA GLORIA / CALASCIO DEDICA QVESTO SEGNO IMPERITVRO / TRAMANDANDO AI SECOLI I NOMI DEI GENEROSI CADVTI 》.

I nomi dei Caduti sono affiancati da quelli delle località in cui hanno perso la Vita; leggiamo nomi che richiamano il fronte nord-orientale del Triveneto e quello adriatico, dove si svolsero le vicende belliche della guerra italo-austriaca: Durazzo (Albania), Bassano (Vicenza), Trentino, Asia[go] (Vicenza), Trieste, Istrana (Treviso), e altri due luoghi non leggibili poiché coperti da un Tricolore italiano apposto sulla destra.

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Non ignoriamo questi monumenti!

Non ignoriamo la loro ammonizione quando vi passiamo davanti!

Fermiamoci a leggerli, a osservarli, a meditare!

Facciamo tesoro del messaggio che consegnano alle generazioni e alle epoche successive, inclusa la nostra età contemporanea!

Facciamo in modo che il loro mònito non sia vano!



Mauro Rosati

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📖 Fonti essenziali di riferimento (URL consultati in data 30/06/2025):

Bollettino della Vittoria

https://vive.cultura.gov.it/it/museo-centrale-del-risorgimento/cosa-vedere/bollettino-della-vittoria

Arme civica di Trieste

https://www.triesteprima.it/social/stemma-di-trieste-storia-e-origini.html

https://patrimonioculturale.regione.fvg.it/stemma/?s_id=416550 

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venerdì 27 giugno 2025

UN ANGOLO DI PAGANICA NEL CUORE DI ROMA

Roma, Piazza Paganica: targa odonomastica.
(Fonte immagine: Maps)



Roma, Palazzo Mattei di Paganica:
insegna turistico-culturale.
(Fonte immagine: Maps)

 


📺 Circa 1 anno e ½ fa stavo seguendo una serie televisiva RAI ambientata a Roma negli anni '40 del Novecento, tra la Seconda Guerra Mondiale e l'immediato dopoguerra.
A un certo punto, nell'inquadratura di una piazzetta romana leggo una targa stradale con la scritta 《Piazza Paganica》.
❓ La cosa mi incuriosisce e mi chiedo: avrà a che fare con Paganica?
❓ Ma in tal caso quale potrebbe essere il nesso tra Paganica e una piazza nel cuore storico di Roma?


🗺 Così vado a cercarla sulla mappa e trovo ben tre 《Paganica》nel centro antico di Roma:
Vicolo Paganica,
Piazza Paganica,
Via Paganica,
ciascuna adiacente all'altra.


🔎 La curiosità aumenta: siamo nel nucleo storico di Roma, 《Rione XI》(Rione Sant'Angelo), come riportano tutte le tre rispettive targhe odonomastiche.
↪ E così, cercando notizie, trovo un bell'articolo fra i molti (vedi biblio-sitografia in fondo), che apre una finestra storica interessantissima: le tre denominazioni Vicolo-Piazza-Via Paganica deriverebbero dalla presenza del Palazzo Mattei di Paganica, edificato a Roma nel Cinquecento.
📍 Il casato Mattei ebbe la signoria di Paganica per un lungo periodo, in qualità di 《duchi di Paganica》. Su un'altra fonte bibliografica leggo infatti che Paganica appartenne ai feudatari Mattei Orsini, un ramo dei Mattei romani, per un periodo che va dal 1613 (acquisto dal casato de Torres) al 1754 (cessione ai duchi de' Costanzo, antica nobiltà napoletana originaria di Pozzuoli).
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📍 E le sorprese, in positivo, non finiscono qui.

↪ Adiacente alla Via Paganica romana, sempre davanti al Palazzo Mattei di Paganica, la mappa riporta un'ulteriore interessante denominazione: 《Piazza dell'Enciclopedìa Italiana》, intitolazione palesemente più recente.

❓ Domanda: ma perché questo nome?

❗ Risposta: perché il Palazzo Mattei di Paganica a Roma è oggi la sede storica del prestigioso 《Istituto della Enciclopedìa Italiana》 fondato da Giovanni Treccani cento anni fa, nel 1925; in pratica la famosa Treccani.
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Che dire? Da cittadino aquilano non nascondo un certo orgoglio, poiché proprio in quanto cittadino aquilano mi riconosco anche nei centri del nostro Contado, Paganica inclusa.



Mauro Rosati
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📖 Fonti essenziali di riferimento:

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https://www.romasegreta.it/s-angelo/palazzo-mattei-di-paganica.html
(URL consultato in data 23/01/2024)

🌐
https://www.treccani.it/enciclopedia/mattei/
(URL consultato in data 27/06/2025)

📖
C. BLASETTI, Le arme del Contado Aquilano (Castelli - Ville - Terre), Roma, stampa 1984.
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martedì 24 giugno 2025

24 GIUGNO - UN 《SAN GIOVANNINO》 TRA LE VIE DELL'AQUILA

L'Aquila, ai confini del Quarto di San Giorgio:
immagine di 《San Giovannino》
(il piccolo San Giovanni il Battista).

(Foto: Mauro Rosati, 2025)

 


24 giugno - Natività di San Giovanni il Battista


Tra le vie della nostra Città dell'Aquila, un dettaglio a tema con la giornata odierna (vedi foto).

Una graziosa immaginetta che sembra di fattura contemporanea e arricchisce il piacere dei particolari che possiamo osservare camminando.


Un bel 《San Giovannino》 riconoscibile dagli stessi attributi iconografici di San Giovanni il Battista in versione adulta: 

una veste semplice (generalmente la pelle di cammello), il crocifisso tra le mani, e un agnello, allusione a Gesù, di cui San Giovanni Battista è il Precursore; 《San Giovannino》 è il vezzeggiativo che indica il Battista raffigurato da bambino.


San Giovanni il Battista è l'unico santo di cui si commemora anche la nascita e non soltanto la morte, proprio in virtù della sua vicinanza a Gesù, come Precursore, appunto, e anche per parentela: Elisabetta, madre di Giovanni, è infatti cugina di Maria, madre di Gesù.

La Natività di San Giovanni il Battista, 24 giugno, è una sorta di 《Natale d'Estate》 nell'emisfero boreale; e proprio come il Natale cade in concomitanza di una fase astronomica precisa, ossia a ridosso di un solstizio.

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Vale la pena riportare anche due citazioni chiave legate alla ricorrenza odierna; in entrambi i casi è Giovanni il Battista che parla, sempre in riferimento a Gesù:

- 《Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali》 (Marco 1, 7); passo evangelico nel quale Giovanni il Battista annuncia la missione di Gesù;

- 《Egli deve crescere e io invece diminuire》 (Giovanni 3, 30); passo evangelico nel quale Giovanni il Battista esprime il suo ruolo di Precursore, per cui egli diverrà sempre più 《piccolo》, in quanto uomo, rispetto a Gesù che verrà glorificato in quanto Dio e uomo allo stesso tempo.

Come osserva la studiosa aquilana Loredana Mariani, questo secondo passo evangelico assume anche un significato astronomico che si lega al momento dell'anno in cui si celebra la Natività di Giovanni il Battista: il 24 giugno è il culmine della luce annua, il periodo più luminoso, al quale seguirà una graduale riduzione delle ore di luce, quindi il passo è leggibile anche simbolicamente come il sole che diminuirà il proprio corso (dalla Natività di San Giovanni, il 24 giugno) fino alla Natività di Gesù (il 25 dicembre) quando aumenterà nuovamente il proprio corso.

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San Giovanni il Battista è anche il santo epònimo (che dà il nome) del Quarto di San Giovanni a L'Aquila.



Mauro Rosati

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domenica 22 giugno 2025

ONNA: 《MEMORIA, CULTURA, RINASCITA》

 

Onna (L'Aquila),
chiesa parrocchiale di San Pietro l'Apostolo.

(Foto: Mauro Rosati, 2025)


(Mauro Rosati, 《Il Centro》, 21/06/2025;
pp. 38-39).



Onna:《Memoria, Cultura, Rinascita》


15 giugno 2025

Memoria, Cultura, Rinascita》- Ho scelto queste tre parole per sintetizzare i miei sentimenti e le mie impressioni durante e dopo la bellissima visita di questa mattina ad Onna (L'Aquila), accompagnati dalla guida turistica dottoressa Loredana Eusanio, sempre preparata e professionale.

Un evento a cura di Archeoclub L'Aquila in collaborazione con Onna ONLUS e con la Parrocchia di San Pietro Apostolo in Onna, in occasione delle GEA-Giornate Europee dell'Archeologia 2025.

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Rispetto e delicatezza:

è questo innanzitutto l'approccio doveroso con il quale bisogna entrare ad Onna e con cui relazionarsi con i suoi cittadini.


Sono stato ad Onna per la prima volta nel 2013-2014, per un incontro a Casa Onna: fu un impatto forte perché ero consapevole di entrare in un luogo 《delicato》, nel centro abitato che durante il sisma del 06/04/2009 ha subito il più alto numero di perdite umane in proporzione alla popolazione, 40 vittime su circa 350 abitanti, più del 10% della popolazione di questo antico paese al centro della Piana di Bazzano, pochissimi chilometri a est della Città dell'Aquila.

All'epoca (2013-2014), quando entrai ad Onna, si vedevano soltanto monconi di muri sopravvissuti ai crolli: solo la bella chiesa parrocchiale e Casa Onna erano lì a ricordare che in quel luogo c'era un paese, e che doveva tornare ad esserci.


Poi sono tornato ad Onna nel maggio del 2017, con la studiosa dottoressa Loredana Mariani e le allieve del Liceo Linguistico dell'Aquila impegnate nel progetto scuola-lavoro con Archeoclub L'Aquila, per Chiese aperte 2017. In quell'occasione coglievo finalmente i primi segni materiali della rinascita: la chiesa parrocchiale ricostruita e riaperta al culto e una casa appena riedificata sulla stessa piazza, oltre alla Casa della Cultura, con il suo vario e cospicuo patrimonio di archeologia del territorio e di memoria del paese, a partire dalla campana all'ingresso, recuperata dal crollo del campanile della chiesa parrocchiale, una campana che a sua volta commemorava le vittime dell'eccidio nazista dell'11/06/1944.


Oggi sono tornato e ho provato forti emozioni.


Da un lato la commozione per i dolorosi racconti personali dei paesani che ci hanno accolto, con la ferita viva di una tragedia che non si può dimenticare, 40 vittime, alle quali è dedicata un'opera efficacemente comunicativa proprio per la sua immediata semplicità: davanti alla Casa della Cultura un cuore disegnato nel prato con 40 cubetti in pietra calcarea, e al centro del cuore un orologio appositamente realizzato con le lancette fissate sulle ore 3.32, orario del sisma del 06/04/2009; un'opera per la Memoria creata dal signor Paolo Paolucci.

A pochi metri di distanza un'altra installazione, 《la Coperta》, di Lorenzo Guzzini, commemora le 309 vittime del terremoto del 2009.

Osservando le due realizzazioni si comprende pienamente l'entità dell'impatto del terremoto sulle comunità colpite.


Dall'altro lato, contemporaneamente, ho provato un senso di sollievo, di entusiasmo, nel vedere il paese che rinasce, le case che hanno ripreso forma e altre che la stanno riprendendo, i panni stesi a un balcone, l'attenzione e la sensibilità dei cittadini di Onna nella conservazione del loro patrimonio materiale e immateriale: il rispetto dell'impianto urbanistico storico, il recupero e la ricollocazione di pietre e di oggetti-simbolo di una comunità come le tradizionali croci in ferro, una nicchietta votiva nel muro di una casa, il restauro e la ricollocazione dell'epigrafe che ricorda le vittime della strage nazista dell'11/06/1944, la biblioteca e la sala della Memoria nella Casa della Cultura, il museo degli oggetti della Civiltà contadina (gioghi per i buoi, aratri, lanterne a olio, le bici del lattaio, del barbiere, dell'arrotino, munite di cassettine e accessori necessari ai rispettivi mestieri) curato con passione dal signor Paolo Paolucci.


In tutto ciò, fin dalla prima volta che sono entrato ad Onna più di undici anni fa, ho percepito una comunità accogliente, orgogliosa, che non si è sfaldata davanti all'urto pesante del 2009: una comunità che proprio ripartendo dalla cultura del territorio e del suo passato ha gettato da subito i semi che ora stanno diventando alberi.

La ricostruzione di Onna, inoltre, è stata anche un patto di riappacificazione tra la Germania e la Comunità onnese dopo la strage del 1944, con la Repubblica Federale di Germania che si è posta attivamente come capofila in una serie di progetti che hanno avviato e affiancato la ricostruzione sociale e materiale di Onna, iniziando con Casa Onna, primo luogo di aggregazione nel paese distrutto, subito dopo il terremoto del 2009.

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Desidero tornare nuovamente ad Onna e studiarla ulteriormente, desidero vedere 《ju pinnero'》(=il pennerone), grande pietra cilindrica che in passato, attaccata a un braccio verticale di legno veniva utilizzata per pressare e torcere l'uva, le vinacce e/o le olive, a seconda delle zone, affinché se ne ricavasse il maggior estratto possibile; quando non venne più usata, questa pietra fu collocata nel cuore di Onna, accanto alla cantina da cui proveniva, e per generazioni è stata punto di riferimento e di ritrovo per la comunità onnese, come mi ha raccontato il giornalista Giustino Parisse. 《Ju pinnero'》 è stato recuperato per essere riportato a nuova vita, nella nuova Onna che sta rinascendo.

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Un invito.

Ve lo suggerisco con entusiasmo ed emozione, dopo essere andato via con un groppo in gola da un lato, e con il cuore risollevato dall'altro:

portate ad Onna i vostri figli e nipoti, portate i vostri amici e parenti che vengono a trovarvi, portate le scolaresche!

Onna sta diventando sempre più l'esempio di un luogo che dalla distruzione di vite umane e di case è riuscita a riprendere un suo percorso, ripartendo dalla sua storia e dall'ammirevole, commovente e tenace volontà e compattezza dei suoi abitanti.

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Ringraziamenti.

Desidero ringraziare la nostra guida Loredana Eusanio, la signora Margherita Nardecchia Marzolo (presidente Onna ONLUS), la signora Piera Nardecchia Marzolo, i signori Paolo Paolucci e Giustino Parisse per i loro racconti e aneddoti sul paese, e tutti gli Onnesi che oggi, come le volte precedenti, ci hanno accolto con la consueta gentilezza e con vivo orgoglio.

Un grazie al prof. Giulio Pacifico, consigliere Archeoclub L'Aquila, coordinatore e referente Archeoclub per questa intensa mattinata ad Onna.



Mauro Rosati

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giovedì 19 giugno 2025

19/06/1588 - UNA GIORNATA MOVIMENTATA

 

L'Aquila, palazzo Fibbioni:
interno dell'ingresso principale

(Foto: Sandro Zecca, 2017)


19/06/1588 - UNA GIORNATA MOVIMENTATA


Aquila, 19/06/1588

《 ADÌ • 19 DI GIVGNO 1588 AD HORE QVATTRO ET VN QVARTO • DI • NOTTE • QVESTA PORTA FV • BATV- / 

TA • DA • BERNARDINO • ZILLA • ANTONIO • DI MORRA • E POMPEO CALABRESE CAPI FAMOSISSIMI • DE • BANDI- / 

TI E DETTI CAPI VEN(NERO) • CON • NOVANTA • BANDITI • E • LA BATTERNO • CON • VN TRABVCCO • DANDOCI • VE- /

NTISETTE • BOTTE • P(ER) ASSASSINARCI • DA • CHE • NOI • NON HAVEVAMO INIMICITIA • CON • NESVNO • MA • FV P(ER) INVIDIA /

DELLE • GENTI • E • RACCOM(M)ANDANDOCI • ALLA • M(AD)RE DI • DIO • ET • A • S(AN) BERARDINO BENEDETTO CI DIFENDE-/

SSIMO • ET • LASCIORNO • IL TRABVCCO • E • SI • BVTTORNO • IN • FVGA • 》


📍 In pratica, un tentativo di assalto a Palazzo Fibbioni con una macchina d'assedio: il 《trabucco》.

L'episodio è narrato sul lato interno dell'ingresso principale di Palazzo Fibbioni, e l'iscrizione è sormontata dallo stemma del casato Fibbioni (Fibioni), riconoscibile da due leoni d'oro controrampanti che sostengono una 《fibbia》 (Fibbioni) ugualmente d'oro, con la stella d'oro nel capo, il tutto sul campo rosso dello scudo.


📍 L'iscrizione riferisce che il 19/06/1588, alle ore 《quattro e un quarto》 della notte, il portone di Palazzo Fibbioni venne preso d'assalto a colpi di 《trabucco》: il trabucco è una macchina da guerra d'assedio che, semplificando molto il discorso, possiamo immaginare come una specie di catapulta (ma più complessa) e, allo stesso tempo, come una fionda (frombola) gigante.

A seconda delle aree geografiche e delle epoche, si riscontrano diverse tipologie di 《trabucchi》.


Una nota sull'orario.

📍 Le ore《quattro e un quarto》 della notte non sono da considerarsi come le ore 4.15 del mattino, secondo il sistema orario che utilizziamo oggi.

📍 All'epoca in Italia vigeva l'《ora italica》(anche 《ora boema》), ossìa un conteggio delle 24 ore che partiva da dopo il tramonto. Il tramonto coincideva infatti con le ore 24.

↪ Di conseguenza, considerando che il 19 giugno a L'Aquila il sole tramonta intorno alle 20.52 ora legale, e quindi alle 19.52 ora solare, dobbiamo contare 《quattro ore e un quarto》 a partire dalle ore 20.00 circa:

pertanto l'assalto a Palazzo Fibbioni dovrebbe essere avvenuto intorno alle ore 0.15 secondo il conteggio orario che usiamo oggi.

↪ Al giorno d'oggi, infatti, utilizziamo il sistema delle 《ore francesi》(《ora oltremontana》) che arrivò gradualmente in Italia a partire dal Settecento, diffondendosi poi progressivamente nel corso dell'Ottocento: il sistema a 《ore francesi》 conteggia le 24 ore partendo dalla Mezzanotte.



Mauro Rosati

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domenica 8 giugno 2025

《SIAMO FATTI ANCHE DI SIMBOLI》


 

(Foto: Mauro Rosati)


Siamo fatti anche di simboli.

🇮🇹 🇪🇺 Quelle nella prima foto sono due delle bandiere esposte davanti alle nostre scuole cittadine.
In questo caso la bandiera dell'Unione Europea è ancora in condizioni discrete mentre la bandiera della Repubblica Italiana, come si può osservare, è purtroppo in condizioni di degrado, con il tessuto ampiamente logoro e sfilacciato.
Si tratta di una situazione che purtroppo si riscontra di frequente, e non solo davanti alle scuole. L'auspicio è che si possa porre maggiore attenzione alla cura ordinaria di questi simbolici drappi e alla loro sostituzione quando non sono più in condizione di essere esposti.


🦅 Ci tengo poi, da cittadino aquilano, ad aggiungere una proposta.

📍 Penso che sarebbe bello, auspicabile e formativo per gli studenti e per tutti noi cittadini in generale che in tutti gli edifici pubblici del territorio comunale, scuole incluse, venisse esposta anche la bandiera civica con i colori e lo stemma della nostra Città dell'Aquila (Città-Territorio), insieme a quelle della Repubblica e dell'Unione. Personalmente ritengo che sarebbe una forma di educazione civica quotidiana al fine di suscitare nella cittadinanza, e tra i giovanissimi scolari in particolare, curiosità, consapevolezza, senso di appartenenza rispetto alla propria Comunità locale. Senso di appartenenza che si traduce nel tempo in senso di responsabilità e di rispetto nei confronti dei luoghi in cui viviamo tutti i giorni.


🗓 La quotidianità è fatta certamente di tante necessità materiali ma anche i simboli hanno la loro importanza, sia nella nostra formazione, sia nel rafforzamento del nostro sentimento civile.



Mauro Rosati
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sabato 31 maggio 2025

《TORNEREMO A SOLCARE IL VASTO MARE》

Fontecchio (L'Aquila):
edicola commemorativa dei Caduti
della Prima Guerra Mondiale.

(Foto: Mauro Rosati, 2025)

 


Monumento: dal verbo latino 《monere》(=ammonire, ricordare).

Chissà se esistono una città, un borgo, un villaggio d'Italia che non abbiano un monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale.

La 《Grande guerra》 venne chiamata in origine, definita talora anche  come la 《Quarta guerra d'indipendenza》 per quanto riguardò l'Italia. Un conflitto su larga scala durato quattro anni (1914-1918) che viene considerato come l'ultima delle guerre 《antiche》 e la prima delle guerre 《contemporanee》. A memoria dei Caduti nacquero monumenti commemorativi e i 《Parchi della Rimembranza》 (rimembranza=ricordo), nei quali ad ogni albero piantumato corrispondeva la Memoria di un Caduto.

Ventuno anni dopo, nel 1939, iniziò un secondo grande conflitto su scala mondiale: e così la 《Grande guerra》 diventò la 《Prima Guerra Mondiale》(1914-1918), per distinguerla dalla 《Seconda》(1939-1945).

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Anche Fontecchio, borgo del Contado Aquilano sud-orientale (Quarto di San Giorgio fuori le Mura), ha il suo monumento ai Caduti della 《Grande guerra》: si trova al di sopra della Porta civica più esterna che dà accesso da nord al borgo fortificato medievale e guarda verso Piazza del Popolo, dove troviamo un altro monumento ai Caduti, riferibile come tipologia a quelli successivi alla Seconda Guerra Mondiale.


Il monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale di Fontecchio, è una sobria e solenne edicola, di tipo architettonico classicheggiante, datata V[?] maggio MDCCCCXXI (5 maggio 1921).

Nota. L'anno 《1921》 è scritto secondo la numerazione romana dell'uso antico, ossia MDCCCCXXI; nella numerazione romana moderna, di uso ed epoca umanistica, la medesima data verrebbe scritta come MCMXXI.


La lapide, riportante una croce latina tra i nomi dei Caduti, recita nel capo la dedica della comunità di Fontecchio: 《 I FONTECCHIANI AI GIOVANI EROI / CHE DEL SANGUE LORO INFIAMMARONO / LE VIE DELLA PATRIA / DISCHIUSE VERSO I SUOI GRANDI DESTINI 》.


In alto, sotto al timpano triangolare, si legge una citazione epigrafata tratta dalle 《Odi 》 di Orazio (Quinto Orazio Flacco): 《 CRAS INGENS ITERABIMUS AEQUOR 》(=Domani riprenderemo a solcare il vasto mare) ; ORAZIO, 《Odi》; libro I, Ode VII.

Nel contesto originale si tratta dell'ultimo verso dell'Ode VII, Libro I, nella quale Orazio cita il discorso di Teucro a incoraggiamento dei suoi compagni di esilio: Teucro, personaggio mitologico, era il fratellastro di Aiace di Telamone, quest'ultimo morto suicida poiché non aveva ottenuto le armi di Achille, caduto durante l'assedio di Troia; tornato a Salamina, Teucro venne mandato in esilio dal padre Telamone che lo accusava di non aver saputo impedire il suicidio del fratello Aiace. E così, l'esule Teucro incoraggia appunto i suoi compagni di esilio a cercare nuove terre e nuove imprese dopo la partenza da Salamina: 

《[...] Teucro, fuggendo / da Salamina e dal padre, pure si dice che mise / una ghirlanda di pioppo sulle tempie umide / di vino, e parlò in questo modo agli amici tristi: /

"Dovunque ci porterà la fortuna, migliore / di mio padre, andremo, compagni ed amici: / Non disperate, sotto la guida e gli auspici di Teucro; / a Teucro ha promesso Apollo infallibile / un'altra Salamina su terre nuove. / O valorosi che avete sofferto di peggio / al mio fianco, ora scacciate col vino gli affanni: / domani riprenderemo il vasto mare.》 (riferimento bibliografico principale: https://online.scuola.zanichelli.it/perutelliletteratura/files/2010/04/testi-it_orazio_t4.pdf ).

Nel contesto specifico del monumento commemorativo di Fontecchio questo verso di Orazio si può interpretare come allusione alla resurrezione dei Caduti in un'altra terra, nell'eternità, per navigare nuovi mari e affrontare nuove imprese nella vita celeste; l'esilio da Salamina diventa metafora della morte in guerra, esilio e partenza dalla vita terrena, e i nuovi mari e le nuove terre diventano metafora di una nuova vita, la vita eterna dopo aver lasciato la vita terrena.


Alla base dell'edicola commemorativa sono raffigurati due rami di alloro, allegoria della vittoria, posti in decusse (a croce di Sant'Andrea) con i gambi che traforano lo scudo centrale raffigurante l'arme civica di Fontecchio nella versione più moderna: due leoni affrontati e controrampanti, che bevono da una fontana riproducente la vicina Fonte monumentale di Piazza del Popolo.

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Ritroviamo questa tipologia di monumenti, espressione della raffinata cultura umanistica e simbolica dell'epoca, in molti altri borghi e villaggi dell'ampio circondario dell'Aquila: ad Assergi, a Sassa, a San Benedetto in Perillis, a Calascio; giusto per citare alcuni esempi.

Monumenti sobri e comunicativi allo stesso tempo, frutto di una fine sensibilità culturale architettonica e letteraria. Monumenti da studiare e rivalutare: per la Memoria e per la Cultura.



Mauro Rosati

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giovedì 29 maggio 2025

《MONTAGNE VERDI》

 

(Foto: Mauro Rosati, 2025)


Montagne verdi!


Una passeggiata pomeridiana a Pie' la Costa di Tornimparte (L'Aquila): le belle montagne verdeggianti che si scorgono dal Chiassetto Scaruzza. 

Uno dei molteplici suggestivi scorci che ci offre questo piccolo e grazioso borgo, meritevole di essere visitato, a due passi dalla nostra Città dell'Aquila, nel Quarto di San Giovanni fuori le Mura.


In questa veduta (vedi foto) ho apprezzato particolarmente il nitóre dei colori, figlio di una combinazione tra atmosfera e luminosità del momento:

il verde quasi《rubino》 dei boschi sul limpido fondo celeste, il chiaroscuro dei pendii ondulati creato dall'alternarsi cadenzato di creste assolate e di valloni ombreggiati, e quelle nuvole sparse nel cielo, come fossero pennellate di bianco dalla tonalità delicata ma dai contorni decisi! 🖌 🎨 


Condivido quindi con piacere quest'immagine, che è veduta ed emozione allo stesso tempo! 🌳 ☁️ 

 

Tra l'altro questi monti sono uno spettacolo anche in Autunno, quando si colorano di tante sfumature; una vera e propria tavolozza. 😊

E, inoltre, quando nevica a sufficienza mi hanno sempre dato la suggestione di grandi pandori ricoperti di zucchero a velo. ❄


Fate un salto a Pie' la Costa, magari per un passeggiata domenicale:

contemplatene e 《assaporatene》 le vie, le piazzette, le rue, l'onomastica stradale che riflette la memoria della storia locale, la fonte pubblica, le molte colorate e originali meridiane realizzate alcuni decenni fa dai signori Alessandro ed Erminio, le rocce calcaree e i 《tufi》 che emergono in tanti punti del paese, le pendenze graduali da percorrere in tranquillità e godere passo per passo, i dettagli costruttivi delle abitazioni più caratteristiche.


Un ringraziamento e un apprezzamento alla locale associazione 《Amici della Montagna》 che si prende cura della valorizzazione di questo borgo incastonato alle falde dei monti che corrono fra Tornimparte e l'Alto Cicolano.

Un borgo che, come molti nel nostro Appennino, cerca di far fronte al problema dello spopolamento.



Mauro Rosati

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martedì 20 maggio 2025

《SANTA BARBARA E IL SUO QUARTIERE - Riflessioni, storia e comparazioni》

 



Santa Barbara, epònima del noto quartiere aquilano della prima periferia ovest, integralmente ricostruito dopo il sisma del 2009 conservando la sua impostazione urbanistica e le volumetrie originali delle case e delle palazzine demolite. Si tratta del quartiere ex INA intitolato appunto "Santa Barbara" (Quarto di San Pietro fuori le Mura), edificato nell'àmbito del piano nazionale di edilizia residenziale economica denominato 《INA-Casa》, attuato tra il 1949 e il 1963, dove l'acrònimo 《INA》 sta per I(stituto) N(azionale) A(ssicurazioni)
( vedi ad es.:
https://www.treccani.it/enciclopedia/il-piano-ina-casa-1949-1963_(Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Tecnica)/ , 20/05/2025).

I quartieri cittadini "Banca d'Italia" e quelli "INA-Casa" di Santa Barbara e di San Francesco, sorti dopo la Seconda Guerra Mondiale, rappresentano forse l'ultimo esempio del Novecento di urbanizzazione abbastanza ben pianificata e omogenea, anche dal punto di vista delle volumetrie, prima che prevalesse un criterio di pura e semplice lottizzazione edilizia senza rigorose prescrizioni di ordinata pianificazione, ordinata distribuzione e volumi edilizi regolari.
I quartieri "ex INA" di Santa Barbara e San Francesco, nonché quello "Banca d'Italia", si caratterizzano infatti per uno schema di strade convergenti verso lo spazio di una piazzetta centrale (es. Piazza Tommaso da Celano a San Francesco) e per la presenza di servizi comuni, tra i quali spazi verdi, come aiuole e alberature. Inoltre, dal punto di vista dell'odonomastica, il quartiere "Banca d'Italia" può essere definito anche come "Quartiere Italico", poiché le sue vie sono prevalentemente intitolate a popolazioni italiche inerenti alla storia antica degli Abruzzi: via dei Frentani, via dei Marrucini, via dei Marsi, via dei Peligni, via dei Piceni, via dei Sabini, via dei Vestini, con al centro la Piazza della Lega Italica, secondo una logica onomastica omogenea.
Architettonicamente, le case INA si contraddistinguono e si riconoscono per una struttura essenziale costituita da un telaio in cemento armato con tamponature in mattoni a vista, osservabili ancor oggi sulle abitazioni ristrutturate per le quali non è stata effettuata demolizione.


- Perché "quartiere Santa Barbara"?
Alcuni concittadini, nonché
la guida toponomastica aquilana di Quirino Bernardi (1961), pressappoco coeva all'edificazione del quartiere, riferiscono che il titolo di "Santa Barbara" sarebbe stato attribuito per la vicinanza del caseggiato alla Piazza d'Arme (o Piazza d'Armi), divenuta poi demanio comunale negli anni 2000, e alla corrispettiva Caserma "Giuseppe Pasquali/Campomizzi". Ancora alla fine degli anni '90 del Novecento da viale Corrado IV si vedevano i mezzi militari durante le esercitazioni proprio nell'ampio campo di Piazza d'Arme. Fino ad alcuni anni fa, la Caserma "Pasquali-Campomizzi", oggi sede degli Alpini, ha ospitato la Brigata Meccanizzata "Acqui".


- E quindi perché "Santa Barbara"?
Santa Barbara è tradizionalmente patrona di lavoratori che hanno a che fare con i rischi di fulmini, fuoco, esplosivi e simili; ad esempio:
i Vigili del Fuoco, la Marina Militare Italiana, e - ancora - artificieri, minatori, marinai, artiglieri, architetti, ingegneri ambientali, muratori, campanari, ombrellai.
Non a caso, i depositi di munizioni venivano comunemente chiamati anche《santabarbara》, come riscontrabile nei vocabolari di lingua italiana.
Santa Barbara, secondo alcune versioni agiografiche, fu rinchiusa in una torre dal padre Dioscoro, da cui la diffusa rappresentazione iconografica della Santa che regge una torre. E sempre suo padre Dioscoro, secondo alcune delle differenti versioni, uccise di persona la figlia Barbara e venne colpito da un fulmine o da un grande fuoco disceso dal cielo.
(vedi ad es.: https://www.santiebeati.it/dettaglio/80400 , 20/05/2025).

Santa Barbara, la cui ricorrenza cade il 4 dicembre, è anche patrona della Città di Rieti.
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Nota integrativa.
Come attestato da immagini d'epoca pubblicate ad esempio in 《Aquila in cartolina》, già prima della Seconda Guerra Mondiale, quindi precedentemente al quartiere "Santa Barbara" e alla Caserma "Pasquali-Campomizzi", l'ampia area di Piazza d'Arme veniva utilizzata come campo di esercitazioni per la vicina Caserma "Vincenzo De Rosa", sede del 18° Reggimento di Artiglieria, sciolto nel 1943 dopo l'armistizio dell'8 settembre e la rotta dell'Esercito Italiano. 

Raccontava il signor Spartaco, aquilano classe 1925, che durante l'occupazione nazista (1943-1944) Piazza d'Arme venne utilizzata anche come spazio per atterraggio e decollo di velivoli da parte delle truppe occupanti. 

La Caserma "De Rosa" era una grande cittadella che sorgeva nell'area di Villa Gioia, dove oggi si trovano i complessi del Palazzo di Giustizia e dell'Agenzia delle Entrate, sempre come attestano immagini d'epoca consultabili in diverse pubblicazioni.

Oggi, come unica e importante testimonianza materiale dell'ex Caserma "De Rosa", rimane la grande facciata triangolare a ridosso delle Mura civiche di Viale XXV Aprile, visibile dal piazzale di una galleria commerciale in Via Rocco Carabba e da chi percorre il Viale verso, o da, la Stazione Ferroviaria Centrale. La facciata rimanente, restaurata insieme alle Mura, faceva parte di una delle scuderie dell'ex Caserma, come riscontrabile dalla comparazione con le foto d'epoca disponibili nelle pubblicazioni.
Fino al terremoto del 2009 erano visibili anche altri elementi del complesso della Caserma "De Rosa":
• una interessante garitta in mattoni di gusto neo-gotico essenziale, elevata su un bastione, poi crollata a causa del sisma e non ricostruita durante il restauro delle Mura (la garitta era situata sulle mura a ridosso del piazzale antistante al Tribunale) ;
• e poi c'era anche una palazzina di buongusto otto-novecentesco che sorgeva subito accanto al Palazzo di Giustizia (a sinistra guardando l'ingresso del Tribunale), visibile sulla destra scendendo all'inizio di Via Francesco Filomusi Guelfi, e già sede del Comando della Caserma "De Rosa", come indicato nella didascalìa di un'immagine di 《Aquila in cartolina》; questa interessante palazzina, demolita dopo il sisma e non ricostruita, corrispondeva a una parte degli odierni parcheggi a ridosso del Tribunale.
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Insomma, un breve giro tra pagine di Storia contemporanea della nostra città:
da Santa Barbara e Piazza d'Arme fino a San Francesco, dal quartiere "Banca d'Italia" a Villa Gioia.


Mauro
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lunedì 19 maggio 2025

CONTEMPLANDO UN DIPINTO - CURIOSITÀ

 


CONTEMPLANDO UN DIPINTO - 

CURIOSITÀ


L'Aquila, veduta pittorica d'epoca dell'odierna Via Cavour verso la Torre Civica di Palazzo.


Siamo all'altezza dell'ex chiesa degli Oratoriani, oggi teatro, di San Filippo Neri, che riconosciamo in primo piano sulla sinistra dalle bugne che sporgono dalla facciata grezza; di fronte alla chiesa si apre la piccola e accogliente piazzetta di impronta barocca, la quale richiama per impostazione la piazza dinanzi alla chiesa di Sant'Ignazio di Loyola a Roma.


Osservando i personaggi nel dipinto notiamo in primo piano un prelato che indossa il caratteristico galèro, copricapo ecclesiastico circolare a tesa larga, oggi in disuso come abbigliamento ma ancora presente negli stemmi araldici ecclesiastici, importante per qualificare il grado gerarchico di un prelato in base al colore e al numero dei fiocchi (oggi principalmente per vescovi, arcivescovi, cardinali).

Più avanti intravediamo figure femminili con le caratteristiche ampie gonne ancora in uso nella prima parte del Novecento, e con mantelline sulle spalle.


Siamo nel periodo antecedente allo sventramento del 《Vicolaccio》 per l'apertura di 《Via Italo Balbo》, poi 《Via Sallustio》: ce ne accorgiamo osservando quel palazzetto con pilastro d'angolo al primo piano e con tendoni rossi di probabili attività commerciali al pianterreno. Si tratta di uno dei fabbricati demoliti in due momenti: nei primi anni '40, quando lo sventramento, partendo in discesa dal lato di Corso Vittorio Emanuele, si fermò all'incrocio con Via Cavour, per poi riprendere dopo la Seconda Guerra Mondiale, negli anni '50 e '60, quando le demolizioni raggiunsero Piazza Fontesecco.

Come ricorda il signor Gianni, aquilano classe 1940, alla fine degli anni' 40 gli sventramenti erano fermi all'altezza dei 《Protestanti》, ossìa dell'ex Oratorio dei Filippini (Oratoriani) ad angolo tra Via Cavour e via Sallustio, che ospitava la comunità della Chiesa Cristiana Evangelica fino al terremoto del 2009 (da cui la denominazione popolare di chiesa dei 《Protestanti》). Alla fine degli anni '40, racconta sempre il signor Gianni, il 《Vicolaccio》 presentava un piano stradale dissestato, caratterizzato da dossi e avvallamenti nei quali i bambini dell'epoca si dilettavano a giocare.

Lo sventramento novecentesco di Via Sallustio provocò la scomparsa di una serie rettilinea di vicoli, tra i quali 《Via del Real Liceo》 e 《Via San Vittorino》, nonché la Cappella Signorini-Corsi e un lato del chiostro del monastero femminile della Beata Antonia (monastero dell'Eucarestia).


A parte i danni provocati dall'apertura di Via Sallustio, fortunatamente lo scorcio è rimasto in gran parte apprezzabile tutt'oggi, soprattutto con i lavori di ricostruzione post-sisma 2009, con la cima svettante della Torre di Palazzo e con le caratteristiche piccole case lungo il vicolo, risparmiate dagli sventramenti novecenteschi.

Per poter apprezzare al meglio la veduta della Torre, però, oggi dobbiamo avvicinarci di più verso Piazza del Palazzo poiché, dall'altezza di San Filippo, una palazzina del secondo Novecento su via Sallustio permette di vedere soltanto la punta e un parte del fianco della Torre, che invece possiamo apprezzare meglio superando quella palazzina.


Una curiosità odonomastica.

L'odierna via Cavour, almeno per il tratto più vicino a Piazza del Palazzo, era menzionata in passato come 《Via Santa Maria ad Civitatem》, come attestano ad esempio pubblicità dei primi del Novecento. La via prendeva il suo nome dalla chiesa di Santa Maria ad Civitatem, che si trovava all'angolo tra l'odierna Via Cavour e Piazza del Palazzo; la chiesa è stata inglobata nel palazzo che prima del sisma del 2009 ospitava il noto 《Ristorante Ernesto》.

È quindi molto probabile che il palazzo storico conservi le strutture di questa antica ex chiesa.

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Che la percorriate verso Piazza del Duomo oppure verso Piazza del Palazzo, una bella passeggiata lungo via Cavour è sempre un piacere!


Mauro

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sabato 10 maggio 2025

《MECENATI... AQUILANI》

(Foto: Mauro Rosati, 2025)

 
(Foto: Mauro Rosati, 2025)


-《FAMIGLIA CARNICELLI - TORNIMPARTE 》

-《DOMENICO COLETTI E FAMIGLIA - RIPA FAGNANO》

(vedi stemmi in alto a destra nella prima immagine).

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Basilica-Santuario di San Gabriele dell'Addolorata, Padri Passionisti; Isola del Gran Sasso (Teramo):

all'interno del portico della facciata monumentale sono riportati in alto i nomi, e a volte i blasoni, dei donatori che resero possibile l'edificazione del bel prospetto porticato (1929).

Tra essi leggiamo nomi soprattutto dalle province degli Abruzzi e delle Marche, per ovvie ragioni di vicinanza geografica, ma anche da altre province italiane nonché dalla Repubblica di San Marino, in qualità di Stato sovrano, e da emigranti del Canada e degli Stati Uniti d'America.


I nomi dei donatori sono impostati tutti secondo lo schema di un blasone, menzionati entro uno scudo accompagnato da un cartiglio sottostante che ne indica il luogo di origine.

Nel caso di personalità blasonate, ecclesiastiche o civili, o di intere comunità, compaiono nel campo dello scudo i rispettivi simboli, mentre per i donatori non blasonati viene indicata la denominazione della persona o della famiglia ma, per omogeneità, sempre secondo l'impostazione di uno stemma araldico.


Interessante l'iscrizione nel lato destro del portico (prima immagine), dalla quale traspare un sentimento di attiva partecipazione collettiva in virtù del quale, sia privati cittadini, sia intere comunità, contribuiscono attivamente al finanziamento dell'opera:

《ANNO DOMINI MCMXXIX / HVNC TEMPLI PROSPECTVM / AVCTORE JOSEPHO ROSSI VIRO FIRMANO / SODALES A PASSIONE COLLATICIA STIPE ERIGI CVRARVNT》

(= Nell'Anno del Signore 1929

i confratelli Passionisti 

grazie a una donazione collettiva

provvidero all'edificazione di questo prospetto

opera di Giuseppe Rossi da Fermo.)

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Nota.

Sul lato opposto del portico (seconda immagine), sempre all'interno, un'altra epigrafe ricorda l'elevazione del santuario alla dignità di Basilica minore da parte di papa Pio XI (regnante 1922-1939), il cui stemma pontificio è riprodotto sul lato sinistro esterno della facciata:

《KALENDIS JVLII MCMXXIX / PIVS XI PONTIFEX MAXIMVS / ANNO PLENO QVINQVAGESIMO SVI SACERDOTII / TEMPLVM HOC BASILICARVM HONORIBVS DECORAVIT》

(=Nelle Calende di Luglio [1° luglio] del 1929

Pio XI pontefice massimo

nel cinquantesimo anno della propria ordinazione sacerdotale

fregiò questo tempio degli onori di Basilica).

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Nota a parte, per un ulteriore e più ampio inquadramento storico: 

Pio XI, di origine brianzola, è stato il Papa dei 《Patti Lateranensi》, stipulati con il Regno d'Italia l'11 febbraio del medesimo anno 1929.

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Mauro Rosati

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giovedì 8 maggio 2025

《LA CONCHIGLIA FOSSILE》

(Foto: Mauro Rosati, 2025)


《LA CONCHIGLIA FOSSILE》


Non di rado si possono trovare conchiglie anche a decine di chilometri dal litorale!
🐚 😉

Camminando per le vie della città, infatti, ogni tanto vale la pena 《fossil-izzarsi》anche sui dettagli che si presentano davanti ai nostri piedi.

Come in questo caso (Quarto di Santa Maria): una conchiglia fossile del genere 《Pecten》 , molto comune nel nostro territorio.
È sempre affascinante trovare conchiglie, coralli e altri fossili marini a centinaia e a migliaia di metri di altitudine, a ricordarci che tutti noi, comprese le nostre montagne, veniamo dal mare! 🌊 

🔎 Appena vista, da lontano, mi ha dato fin da subito quell'impressione ma, nel dubbio, ho chiesto pareri:
ringrazio in particolare per l'interessamento Eleonora Gallo che, incuriosita dal dettaglio, ha chiesto conferma a un esperto in materia, il quale ha identificato la piccola conchiglia appunto come 《Pecten》.

Forse una conchiglia ricoperta in origine dalla sabbia, come ci capita spesso di vedere sulla battigia delle nostre spiagge.
Poi, nel corso di milioni di anni, quella sabbia è emersa dal mare, si è consolidata diventando pietra e ha inglobato questa conchiglietta.
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E così, quasi automaticamente, la vista di questo fossile mi ha richiamato alla mente il bel poemetto ottocentesco 《Sopra una conchiglia fossile》, di Giacomo Zanella, consultabile all'indirizzo:
✒ Il componimento poetico fa parte della più ampia raccolta 《Versi》 dello stesso Giacomo Zanella.

Buona lettura! 😊 


Mauro
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venerdì 2 maggio 2025

02 maggio 2015 - RITORNO A SAN BERNARDINO

 

La teca di San Bernardino entra in Basilica tra la folla trepidante e il suono festoso delle campane
(Foto: Mauro Rosati, 2015).


02 maggio 2015 - RITORNO A SAN BERNARDINO


Dieci anni fa un gran bel giorno per la Città dell'Aquila, una di quelle giornate che rimangono negli Annali; e lo scrivo senza alcuna retorica!


Tra le strade gremite di gente e il suono a festa delle campane, dopo sei anni di peregrinazioni il corpo di San Bernardino da Siena (《San Berardino》) rientrava dentro le Mura civiche per riprendere posto nella sua Basilica-Mausoleo.


Una grande festa per tutta la Comunità Aquilana, e non solo, che finalmente tornava a varcare la soglia della grande chiesa, uno tra i monumenti più rappresentativi della Città dell'Aquila, sia da un punto di vista religioso sia civico.


Adulti e adolescenti curiosi e impazienti di calpestare nuovamente il pavimento della Basilica e toccarne di nuovo le mura; 

bambini che vi entravano per la prima volta poiché troppo piccoli per ricordare quel luogo.

Una giornata che ricordo passo per passo, con la stessa emozione ancora adesso!


E a metà mese sarebbero poi arrivati anche gli Alpini di tutta Italia per l'88ª Adunata Nazionale delle 《Penne Nere》! 

Un mese di grande fermento e grande festa quel maggio aquilano del 2015!



Mauro

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martedì 29 aprile 2025

DAL FUMAJOLO ALL'URBE: IL VIAGGIO DEL TEVERE

 


🗺《 Il corso del Tevere; mappa pubblicata nel libro di William Davis "The pilgrimage of the Tiber: from its mouth to its source" (1873) 》 (=《Il percorso del Tevere dalla sua sorgente alla sua foce》)

(Fonte immagine e didascalìa: pagina Facebook 《Balze di Verghereto》, https://www.facebook.com/share/p/1KmzyJTKx3/ )


📍 Una carta molto interessante, bella nella resa grafica e anche abbastanza accurata nell'indicazione dei centri abitati e del bacino idrografico del Tevere, con grandi affluenti come il Nera (riportato con l'idronimo latino 《Nar》) e l'Aniene (nella versione latina 《Anio》), e sub-affluenti come i fiumi Salto e Turano, provenienti dall'Appennino Abruzzese.

📍 Manca invece il fiume Velino che, procedendo lungo l'omonima Valle a nord-nord-est di Rieti, raccoglie le acque del Salto e del Turano e confluisce nel fiume Nera mediante la spettacolare Cascata delle Marmore.


📍 Una curiosità storica. 

Nella mappa (1873) i corsi dei fiumi Salto e Turano, che nella carta si incontrano poco a nord-ovest di Rieti, sono ancora privi dei due rispettivi laghi odierni. Il Lago del Salto e il Lago del Turano, infatti, vennero creati mediante rispettive dighe nella prima metà del Novecento (1939-1940 circa).


📍 È considerevole l'estensione del bacino idrografico complessivo del Tevere che, tra affluenti e sub-affluenti, interessa ben sei delle odierne regioni amministrative:

Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzi, Lazio.


🗺 Non solo una semplice carta ma una bella piccola perla storico-geo-cartografica!


Mauro

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