martedì 4 gennaio 2022

L'AQUILA 《NELLA PENNA》 DI SUSANNA TAMARO


L'AQUILA 《NELLA PENNA》 DI SUSANNA TAMARO


In questi giorni mi è tornato alla mente un passo di uno dei romanzi più noti e di successo della letteratura italiana contemporanea: 《Va' dove ti porta il cuore》(1994), di Susanna Tamaro. Romanzo dal quale, fu tratto l'omonimo film del 1996 con Virna Lisi e Margherita Buy nel ruolo della protagonista Olga, rispettivamente da anziana e da giovane.
Molti di voi probabilmente già conosceranno il racconto ma vale la pena fare un breve cenno: si tratta di un romanzo dalla struttura particolare, una lettera vergata in forma di diario dall'anziana Olga, triestina, che dalla sua casa di Opicina (Trieste) decide di scrivere alla sua giovane nipote. Sono i giorni che vanno dal 16 novembre al 22 dicembre del 1992.
L'anziana Olga, in questa sorta di lettera-testamento ripercorre la sua vita travagliata, sia interiormente sia per gli eventi storici che segnano la sua gioventù, tra i quali la dittatura, la tragedia della Seconda Guerra Mondiale e il dramma delle popolazioni giuliane del Carso.

E proprio quando racconta gli anni della guerra, nella pagina di diario del 4 dicembre 1992, Olga narra del periodo trascorso a L'Aquila dove, quasi trentenne, si era rifugiata insieme ad Augusto, il suo marito abruzzese sposato pochi giorni prima dell'inizio del conflitto.
Anche se quel periodo rappresenta una fase non felice della sua vita, per ragioni personali e familiari, Olga ci apre una breve finestra e delinea un veloce ritratto materiale e socio-culturale della nostra città e dei suoi dintorni in quei difficili anni del Novecento, anche se 《filtrato》 dal suo punto di vista e dal suo travagliato personale stato d'animo.
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E allora, con qualche estratto di quelle pagine, lascio la parola ad Olga, animata dalla penna di Susanna Tamaro:
Ci sposammo con una cerimonia sobria il primo giugno del '40. Dieci giorni dopo l'Italia entrò in guerra. Per ragioni di sicurezza, mia madre si rifugiò in un paesino di montagna, in Veneto, mentre io, con mio marito, raggiunsi L'Aquila [...]. A L'Aquila andammo ad abitare nella casa della famiglia di Augusto [nelle vicinanze del Duomo], un grande appartamento al primo piano di un palazzo nobiliare del centro. Era arredato con mobili cupi, pesanti, la luce era scarsa, l'aspetto sinistro. Appena entrata mi sentii stringere il cuore [...]. Mio marito capì subito lo stato di smarrimento in cui mi trovavo e per le prime due settimane fece tutto il possibile per distrarmi. Un giorno sì e un giorno no prendeva la macchina e andavamo a fare delle passeggiate sui monti dei dintorni. Avevamo entrambi una grande passione per le escursioni. Vedendo quelle montagne così belle, quei paesi arroccati sui cocuzzoli come nei presepi mi ero un po' rasserenata, in qualche modo mi sembrava di non aver lasciato il Nord, la mia casa. Continuavamo a parlare molto. Augusto amava la natura, gli insetti in particolare, e camminando mi spiegava un mucchio di cose. Gran parte del mio sapere sulle scienze naturali lo devo proprio a lui [...].
Con me [nella casa] c'era una vecchia domestica, era lei che si occupava delle principali faccende. Come tutte le mogli borghesi dovevo soltanto programmare il pranzo e la cena, per il resto non avevo niente da fare. Presi l'abitudine di uscire ogni giorno da sola a fare delle lunghe passeggiate. Percorrevo le strade avanti e indietro con passo furioso, avevo tanti pensieri in testa e tra tutti questi pensieri non riuscivo a fare chiarezza [...].
Dopo un mese arrivarono le prime chiacchiere alle orecchie di mio marito. - La "tedesca" -, avevano detto delle voci anonime, - "va in giro da sola per le strade a tutte le ore" -. Ero strabiliata. Cresciuta con delle abitudini diverse, non avrei mai potuto immaginare che delle innocenti passeggiate potessero dare scandalo. Augusto era dispiaciuto, capiva che per me la cosa era incomprensibile, tuttavia per la pace cittadina e il suo buon nome mi pregò di interrompere le mie uscite solitarie [...].
Intanto avevo conosciuto le mogli dei colleghi di Augusto e il giovedì mi incontravo con loro in un caffè del centro.
Benché fossimo pressappoco coetanee avevamo veramente poche cose da dirci. Parlavamo la stessa lingua ma questo era l'unico punto in comune [...]》.

Con il passar del tempo, intanto, il legame matrimoniale con Augusto si raffredda. Tuttavia, non esistendo il divorzio, secondo i criteri dell'epoca Olga non trovava motivi specifici per cui si potesse rompere il matrimonio; Augusto era divenuto emotivamente distaccato ma non la maltrattava materialmente.

E qui segue un'altra brevissima 《finestra》; una finestra domenicale:
Avevo la sensazione che, più di ogni altra cosa, Augusto volesse trovare qualcuno a casa alle ore dei pasti, qualcuno da esibire con orgoglio la domenica in Duomo [proprio lui! Il nostro Duomo dei Santi Massimo e Giorgio!].
[...] Augusto con me non ha mai alzato un dito, ma neanche la voce. Non mi ha mai fatto mancare niente. La domenica, tornando dalla messa, ci fermavamo alla pasticceria dei fratelli Nurzia e mi faceva comprare tutto ciò di cui avevo voglia [...]》.

La lettera-diario prosegue poi con la narrazione degli anni successivi alla fine della guerra.
A Voi, se vorrete, la curiosità di leggere l'intero romanzo!


Mauro
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P.S.: In occasione del Salone del Libro di Torino del 2011, nel 150° anniversario dell'Unità d'Italia, 《Va' dove ti porta il cuore》 è stato inserito tra i 150 "Grandi Libri" che hanno caratterizzato la storia dell'Italia unita.
(Fonti:
Corriere della Sera, 27/04/2011

La Gazzetta del Mezzogiorno, 23/07/2012

URL consultati in data 04/01/2022)