Gli «orologi della Natura»
Il mio orologio non
ticchetta ma cinguetta
Sempre per rimanere in tema di «orologi»,
in questi giorni riflettevo su un altro tipo di «orologi», sui quali mi sono
ri-sincronizzato - e particolarmente nei mesi recenti -.
Il mio condominio si trova in una
zona residenziale nella prima periferia della città, a poche centinaia di metri
dalle Mura, raggiungibili comodamente a piedi. E, in particolare, si trova in
uno di quei quartieri dove città e campagna, e città e montagna, si intrecciano
e convivono fra loro.
Per questo, fin da quando ci vivo, è
sempre stato sede di una ricca fauna domestica e selvatica-«urbanizzata»;
animali che vivono in simbiosi con l’animale più invadente e chiassoso che
esista: l’Uomo.
E così, è normale vedere e sentire
tanti uccelli: il più comune piccione - con le sue sfumature di piumaggio e il
suo gorgheggio gutturale -, i passeri - che ogni tanto si affacciano
zampettanti fino ai balconi -, il merlo, la ghiandaia, la gazza, la cornacchia.
E poi, una stabile colonia felina di gatti semi-selvatici abituati a convivere
con l’Uomo; e ancora: ricci, lucertole, gechi, fino a diverse varietà di
insetti come l’ape, la mantide religiosa, il grillo, giusto per citarne alcuni.
Questa convivenza tra specie si può
osservare un po’ in tutta la nostra città, dal centro alla periferia: ricordo
fin dalla tarda infanzia, e tutt’oggi, scoiattoli nel Parco del Castello,
ghiandaie sotto i Portici di San Bernardino; e, uscendo dalle mura, falchetti e
mammiferi di vario tipo che – ogni tanto – attraversano la nostra città tra gli
Appennini per spostarsi da una zona all’altra del nostro territorio.
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Ma avviciniamoci al dunque degli
«orologi»!
A poche decine di metri dal mio
condominio c’è un albero che fin da quando vivo qui è stato sempre «condominio
naturale» di passeri cinguettanti, che nelle sere d’Estate offrono dei veri e
propri concerti canori senza dover pagare il biglietto: basta sedersi fuori al
balcone, rilassati, e magari con un buon libro tra le mani.
Dall’Autunno scorso, però, ho
cominciato a osservarli con più attenzione e ho notato una cosa «banale» che
però mi è diventata molto utile. O meglio: ho riscoperto una cosa «banale».
Quando mi metto a studiare, a
scrivere o a lavorare, spesso mi trattengo fino a notte inoltrata: le
cosiddette «ore piccole», e c’è un motivo ben preciso. Soltanto la notte,
soprattutto dalle 22:00 in poi, mi restituisce una pace dei sensi che mi rende
più produttivo in qualsivoglia attività intellettuale: dalla semplice lettura a
un lavoro ben preciso.
Il giorno lo utilizzo di più per le
attività manuali; mi deconcentra, disperde la mia attenzione. Anche per questo
prediligo l’Inverno all’Estate, oltre che per le temperature ovviamente!
La sera acquisto tranquillità e
concentrazione: pian piano si placano i rumori del condominio; pian piano non
si sente più il via-vai delle auto di chi esce e di chi entra; il telefono
comincia a tacere dopo un’intera giornata in cui spesso è fonte di ansie, di
nervosismo, di arrabbiature.
Insomma, si raggiunge uno stato di
benessere psico-fisico che – per esperienza diretta – equivale a quello di una
spiaggia tranquilla alle prime ore dell’alba o nei primi pomeriggi del mese di Settembre;
oppure al piacere di sedersi a leggere o a scrivere sulla panchina di un parco
o di un giardino della mia città, nelle prime ore pomeridiane.
Questo mi porta ad essere più attivo
proprio nelle ore in cui il mondo sembra fermarsi e tacere. E, ogni tanto, mi
capita che le ore passino senza che me ne accorga, fino a superare le ore
piccole e a spingermi sino alle quattro del mattino. A quell’ora, ovviamente,
raccolgo «baracche e burattini» e me ne vado a «nanna», più che altro per
«convenzione civile».
E dallo scorso Autunno, appunto, ho
iniziato a osservare che i passeri di quell’albero vicino casa, iniziano a
cinguettare proprio verso quell’ora: dopo due o tre volte che ho notato la
cosa, non ho più avuto bisogno di guardare l’orologio.
Ormai, da molti mesi, sono loro il
mio orologio notturno-mattutino: se mi trovo ancora all’opera è come se quei
cinguettii mi dicessero: «Sono le quattro del mattino! È quasi l’alba! Che ci
fai ancora sveglio?».
Se invece vado a dormire a un orario
più «normale», mi capita di svegliarmi almeno una volta a notte: però non ho
più bisogno di guardare l’orologio sul comodino. Mi basta aprire gli occhi: se
fuori è buio e non sento cinguettare, vuol dire che non sono ancora le 4:00; se
- invece - sento cinguettare e fuori è buio, vuol dire che siamo tra le 4:00 e
le 4:40. Se c’è un po’ di luce, significa ovviamente che è più tardi.
Ho scritto un orario ben preciso:
questi passeri, infatti, iniziano a cinguettare poco dopo le 4:00 e continuano
per mezz’ora, quaranta minuti al massimo. Sono precisi e calibrati come se
fossero un orologio vero e proprio: chissà, forse avvertono qualcosa - nella
luminosità, o nella temperatura - che fa loro percepire l’avvicinarsi
dell’alba. Cinguettano e poi smettono fino a quando non arriva l’alba vera e
propria, e iniziano anche i rumori dell’«animale Uomo».
Un po’ come le onde marine durante la
notte, che non disturbano ma «cullano», così anche quel cinguettare di tarda
nottata non mi disturba.
Così come le onde marine, è una gradevole
melodia.
Una melodia per addormentarmi, se
faccio tardi. Un segnale orario, se mi sveglio presto.
In quest’ultimo caso è come se quegli
uccellini mi dicessero: - «Puoi dormire ancora, ma il Sole sta per sorgere!» -.
Fra qualche giorno, con il passaggio
all’ora legale, ci sposteremo di fatto artificialmente sul fuso orario di
Atene, Bucarest, Helsinki. Per i nostri amici cinguettanti - invece - non
cambierà nulla: semplicemente, quando li sentirò cinguettare dovrò spostare il
mio pensiero un’ora avanti.
Mauro