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| Prima immagine. (Per l'immagine, rielaborata con IA, si ringrazia Alessandro Serreli) |
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| Seconda immagine. Immagine originale dalla quale è tratta la rielaborazione della foto precedente. (Si ringraziano per l'immagine Sandro Zecca e Alessandro Serreli) |
L'AQUILA: UN'IMMAGINE EVOCATIVA.
Commentando una stampa seicentesca rielaborata che sintetizza alcuni degli aspetti sacri e civici della Città dell'Aquila.
Ringrazio Alessandro Serreli per l'immagine allegata (la prima in alto), rielaborata con l'IA e ravvivata nei colori e nella leggibilità, con alcuni dettagli da osservare nella comparazione con l'originale (seconda immagine), segnalatami sempre dallo stesso Alessandro Serreli.
L'originale della stampa rielaborata è tratto dal libro:
📖《Vite de' SS. protettori della fedelissima città dell'Aquila raccolte da diversi autori, e nel volgare Italiano ridotte dal p. Vincenzo Mastareo》,
opera del padre gesuita Vincenzo Mastareo aquilano, in collaborazione con Egidio Longo, Real Biblioteca, Gesuiti,
èdita in Napoli per Egidio Longo, anno MDCXXVIII (1628).
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Vediamo ora alcuni dettagli di questa interessante immagine, anche in relazione alla versione originale.
📍I santi patroni.
• In alto a sinistra, San Massimo d'Aveja, levita e martire, patrono dell'Aquila ed eponimo della Civita di San Massimo (《Civitas Sancti Maximi》), corrispondente all'odierna Civita di Bagno, l'antica 《Forcona》, dove sorgono i resti notevoli dell'antica Cattedrale forconese ad egli intitolata.
Le spoglie di San Massimo vennero traslate nel Duomo dell'Aquila a inizio Quattrocento e non se ne conoscono notizie sull'ubicazione dopo il crollo della Cattedrale cittadina durante il sisma del 02/02/1703, e successiva ricostruzione.
San Massimo d'Aveja è anche patrono del Quarto di San Giovanni e, insieme a San Giorgio, è titolare della nostra Cattedrale metropolitana.
• In basso a sinistra, San Bernardino da Siena raffigurato secondo un'iconografia meno nota ma ricca di significato.
In questo caso, infatti, l'immagine di San Bernardino è accompagnata da tre mitrie che volano via:
è un'allusione al fatto che Bernardino rifiutò per almeno 3 volte incarichi vescovili, oltre che il cardinalato, dopo l'assoluzione dal processo ecclesiastico subìto nel 1426-1427, durante il pontificato di Martino V (regnante 1417-1431).
In sostanza questa iconografia richiama lo stesso concetto del triregno (copricapo del papa) che viene spesso raffigurato ai piedi di Celestino V come allusione alla rinuncia da pontefice.
Nella stampa originale si osserva anche un libro nella mano destra del Santo, sul quale si legge integralmente il trigramma nella versione latina 《 IHS 》, crocettato e con i tre chiodi della crocifissione disposti a ventaglio in basso.
Nella versione rielaborata che vediamo, inoltre, il Santo si presenta con capelli e barba folti, rispetto all'iconografia consueta che lo ritrae calvo e senza barba.
San Bernardino da Siena è anche patrono del Quarto di Santa Maria.
• In alto a destra vediamo il già citato San Celestino V papa, recante una croce nella mano sinistra, con il triregno da papa appoggiato di lato, come allusione all'atto di rinuncia al pontificato nel dicembre del 1294.
Nella stampa originale la croce sorretta da Celestino V è una croce a tre traversi (tre bracci orizzontali), attributo tradizionale della croce papale.
San Celestino V è anche patrono del Quarto di San Giorgio.
• Infine, in basso a destra, Sant'Equizio abate, la cui raffigurazione in questo caso pone alcuni interrogativi iconografici.
A prima vista non è chiara con certezza quella torre che si vede nell'immagine rielaborata e, in modo più chiaro, in quella originale, in secondo piano, alle spalle di Sant'Equizio abate;
e incuriosisce anche quella corona(?) intorno al capo di Equizio stesso che però, nell'originale si rivela essere un segno più semplice, quasi come un riccio di capelli sul capo calvo.
Nella versione rielaborata la torre rammenta un po' le colonne degli stiliti, quei monaci asceti che si ritiravano a vivere in eremitaggio sulla sommità di una colonna appunto; nella versione originale del Sant'Equizio, invece, evidenziata da Sandro Zecca, si distingue nettamente una torre, che pone un ulteriore spunto di approfondimento rispetto all'iconografia di Sant'Equizio.
Sempre nella comparazione tra la rielaborazione e l'originale si osserva che, nell'originale, il Santo monaco e abate amiternino reca nella mano sinistra un bàculo pastorale con relativo riccio sulla punta, attributo di abate e quindi di《capo》e guida spirituale delle sue comunità monastiche.
Ogni osservazione riguardo alla torre può essere utile per una migliore lettura dell'iconografia in questione.
Sant'Equizio abate è anche patrono del Quarto di San Pietro.
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📍Il cartiglio.
• Il cartiglio bìfido in alto, di cui è chiara l'esaltazione dell'aquila, uccello che pone i suoi nidi nei luoghi più elevati, riporta anche il riferimento biblico da cui è estratta e rielaborata la frase;
di seguito l'originale dal Libro di Giobbe:
《 NVMQVID AD PRAECEPTVM TVVM ELEVABITVR AQVILA ET IN ARDVIS PONET NIDVM SVVM? 》(Liber Iob 39, 27)
=《 O al tuo comando l'aquila s'innalza e pone il suo nido sulle alture? 》(Giobbe 39, 27).
L'esaltazione del volatile è esaltazione dell'Aquila in quanto città posta in altura, esattamente come il nido di un'aquila, e quindi più vicina alle sfere celesti.
La città è raffigurata in basso con veduta 《a volo d'uccello》.
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📍L'aquila civica centrale.
• Al centro della stampa vediamo la nostra bella aquila civica, con tanto di corona, in una delle sue diverse versioni storiche: in questo caso come un'aquila in maestà (posta frontalmente) e dal《volo alzato》, ossìa con le punte delle ali rivolte verso l'alto.
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📍Il trigramma bernardiniano.
• Come di consueto nelle raffigurazioni storiche, l'aquila civica è sormontata dal trigramma bernardiniano del Nome di Gesù, in questo caso nella versione latinizzata《 IHS 》, con l'《 H 》crocettata sostenente una croce latina 《patente》, ossìa con i bracci che si allargano verso l'esterno.
Il trigramma è accompagnato dai tre chiodi della crocifissione posti in basso, che nella versione originale spuntano da un cuore, e il tutto è contenuto all'interno di un sole raggiante.
Quella raffigurata in questa stampa è una forma del trigramma bernardiniano assimilabile a quella adottata da Sant'Ignazio di Loyola come stemma della Compagnia di Gesù (《Societas Iesu》), ossìa i Gesuiti, da egli fondata. Nel caso specifico, tra l'altro, l'originale dell'immagine che stiamo commentando è parte integrante di una pubblicazione curata proprio da un padre gesuita.
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✍ Una nota conclusiva a complemento.
- Al giorno d'oggi, quando parliamo di patroni e compatroni dell'Aquila, dobbiamo annoverare anche San Giorgio (già menzionato sopra come contitolare della Cattedrale metropolitana dell'Aquila) il quale potrebbe essere stato il primo patrono dell'Aquila, sulla base di evidenze storiche emerse da ricerche dello studioso Sandro Zecca
e anche sulla base di un fatto significativo riportato da una cronaca cittadina: nel corso del Quattrocento, un vescovo dell'Aquila (segnalato come Amico Agnifili dal prof. Enrico Cavalli) si rifiutò di benedire un nuovo gonfalone civico-religioso destinato alla Cattedrale poiché chiedeva che venisse aggiunto San Giorgio in qualità di contitolare del Duomo.
- Un altro aspetto che richiede attenzione è il culto di Sant'Emidio, diffusosi nel corso del Settecento e molto sentito ancora nella prima metà del Novecento, con almeno un'immagine d'epoca che attesta una processione in suo onore. Non è un caso se nella Cattedrale dei Santi Massimo e Giorgio esiste un altare dedicato a Sant'Emidio vescovo, fatto realizzare per iniziativa delle istituzioni civiche aquilane, quindi da tutta la Comunità, e situato sul lato destro del transetto (lato Via Rojo).
- Infine, va doverosamente menzionato San Vittorino di Amiterno, vescovo e martire, che dal 1943 è stato elevato a compatrono dell'Aquila, a pari dignità, per iniziativa dell'allora arcivescovo (e futuro cardinale) Carlo Confalonieri.
Mauro Rosati
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