lunedì 29 novembre 2021

RIFLESSIONI «AD ALTA QUOTA»

RIFLESSIONI «AD ALTA QUOTA»

Una breve riflessione che prende spunto da questa interessante immagine postata sul gruppo Facebook  «Cesena di una volta» che ritrae il grattacielo di Cesenatico durante la sua costruzione, nell'Inverno del 1957: 
https://www.facebook.com/cesenadiunavolta/posts/2388361264639947
(URL consultato in data 29/11/2021)

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Ufficialmente denominato «Marinella II», il grattacielo di Cesenatico fu l'edificio più alto d'Italia fino al completamento del grattacielo «Pirelli» di Milano, nel 1960.

Fa parte di una serie di tre grattacieli realizzati sulla Riviera romagnola in quegli stessi anni: il «Marinella I» di Milano Marittima e il grattacielo di Rimini.

 

Oggi il primato di grattacielo più alto d'Italia è «conteso» tra la «Torre Unicredit» di Milano e la «Torre Isozaki» o «Torre Allianz», sempre a Milano.

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Per non dilungarmi, non esprimo qui un'opinione eccessivamente dettagliata però, personalmente, ho pareri contrastanti su queste strutture.


Intendo dire che ce ne sono sicuramente di molto belle, se prese isolatamente, da un punto di vista strettamente estetico-architettonico.

Allo stesso tempo, però, non amo quelle costruite fuori contesto e quindi fuori scala rispetto ai volumi dei quartieri già esistenti. E in Italia ne abbiamo diversi esempi.


E, se vogliamo, più che dettati da un'effettiva necessità, questi edifici sono spesso più manifestazione di virtuosismo e opulenza.


Sicuramente preferisco i grattacieli «a gruppo» (a villaggio) piuttosto che quelli isolati in mezzo a edifici più bassi, e che quindi stonano a prima vista rispetto ai profili urbani dominanti.


A mio personale avviso - per esempio - è urbanisticamente ben inserito il centro direzionale di Napoli, primo villaggio di grattacieli realizzato in Italia, in quanto realizzato ai margini orientali della città storica e collocato visivamente in asse prospettico con l'altura di Castel Sant'Elmo situata all'estremità opposta del decumano di «Spaccanapoli». Le due estremità si guardano prospetticamente a vicenda.

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Un articolo dettagliato sul grattacielo di Cesenatico è disponibile ad esempio su: 


Mauro



domenica 21 novembre 2021

《NECESSARIA》...《IGNORANZA》!

 




《NECESSARIA》...《IGNORANZA》!

Non esiste soltanto la 《beata 'gnoranza》, da evitare, ma anche una 《necessaria ignoranza》, che invece è molto utile, purché se ne prenda coscienza! 

Ma in che modo l'《ignoranza》 può essere utile? 

Ho provato a esprimere il concetto da un mio personale punto di vista!

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Da tanti anni, prendo quotidianamente coscienza della profondità della mia ignoranza.

E quando scrivo 《ignoranza》 non lo intendo come un auto-insulto ma nell'accezione più basilare del termine: ignoranza=non conoscenza.


Questa quotidiana presa di coscienza non mi rende 《disfattista》, non mi avvilisce, ma - al contrario - è uno stimolo costruttivo che alimenta nuova curiosità, nuova voglia di apprendere.

È come una luce naturale che, a partire dall'alba, pian piano illumina un grande e profondo avvallamento: ogni nuova conoscenza è come uno sprazzo di luce in più che illumina in maniera sempre più chiara le dimensioni di questo vallone, una sorta di cratere, che va colmato dal basso.


Ogni volta che apprendiamo piccole o grandi conoscenze è come se portassimo un secchiello o una carriola di terra per riempire questo grande avvallamento. Un lavoro costante che - ad ogni strato di terra che aggiungiamo - ci permette di salire di qualche centimetro o di qualche metro. 

E più saliamo, più riusciamo a vedere qualcosina in più rispetto a prima: aumenta l'ampiezza del nostro orizzonte visibile.

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Quando concludiamo il nostro percorso di scuola, nell'euforia del momento ci sentiamo appagati, come se possedessimo la conoscenza intera.

Invece, la conclusione del viaggio scolastico è soltanto l'inizio del salto dal trampolino, il primo scollinamento che ci porta a intravedere uno spazio ancora più grande da esplorare. 

La Scuola è una spinta necessaria per iniziare questo percorso.

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E così, entrati nella prima età adulta, intraprendiamo questo itinerario, anno dopo anno: ogni giorno siamo un po' più consapevoli che le conoscenze che già possediamo vanno coltivate, e sono sempre una minoranza rispetto a quello che c'è da apprendere di nuovo. Sia nel campo intellettuale, sia in quello pratico: due aspetti che vanno 《a braccetto》, l'uno può migliorare l'altro.

E da adulti, imparare diventa molto più divertente se lo si fa spontaneamente!

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Per questo la consapevolezza quotidiana della mia ignoranza aumenta proprio ogni volta che imparo qualcosa di nuovo. 

E allo stesso tempo - reciprocamente - quando imparo qualcosa di nuovo prendo maggior coscienza della mia ignoranza.


Quindi: 《necessaria》 ignoranza!

L'ignoranza 《buona》 è uno sprone. E la curiosità è il carburante necessario per questo lavoro quotidiano di 《secchielli e carriole》 che vanno a riempire qualche spazio del grande vallone della non-conoscenza.


《Necessaria》 ignoranza: benefica, dinamica.


Da non confondere con la 《beata ignoranza》, che invece è un'altra cosa: dannosa, stagnante.

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I canali di apprendimento -  orali, scritti, multimediali, pratici, sperimentali  - possono essere davvero tanti e non sto qui ad elencarli. 

Ognuno di noi ha le sue corsie preferenziali.

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Quindi quando mi sento ignorante non ho da preoccuparmi, anzi, ho la giusta 《grinta》 per ampliare i miei spazi di apprendimento: voglia di approfondire, voglia di aprire nuovi collegamenti da una 《finestra》 all'altra di questa navigazione metaforica.

Dovrei invece preoccuparmi se mi sentissi 《appagato》 di conoscenza o se mi sentissi umiliato dalla coscienza della mia ignoranza.

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Quindi ben venga questa consapevolezza quotidiana dell'ignoranza, perché se prima di andare a dormire avrò imparato anche soltanto qualcosina in più e in meglio rispetto al mattino, allora vuol dire che la giornata non sarà stata sprecata.


L'autocoscienza della propria ignoranza - intesa come necessità di imparare continuamente - è un buon vaccino contro la presunzione e l'arroganza.


Mauro



sabato 20 novembre 2021

ODORI 《PRIMITIVI》



ODORI 《PRIMITIVI》

Per la prima volta dall'inizio del mese, ieri sera ho finalmente 《annusato》 nell'aria l'《odore》di novembre, o quantomeno dell'Autunno pieno, anche se solo per qualche istante. 

Un'aria dal 《profumo》 più leggero e limpido rispetto ai giorni e alle settimane scorse.


Ogni mese, ogni stagione, ogni clima, ogni fenomeno atmosferico, ogni luogo, emana degli 《odori》 caratteristici, talora in combinazione fra loro, che impariamo a 《fiutare》 e a riconoscere fin dall'Infanzia, più o meno consapevolmente.


Odori, essenze, che spesso non è facile descrivere in poche parole.

Forse perché appartengono alla parte più primitiva e più istintiva della nostra Mente, quella che ci avvicina di più agli altri animali.


Se poi questi odori possano suscitare sensazioni gradevoli o sgradevoli, ciò dipende da una sfera emotiva e sentimentale strettamente individuale, che ci distingue gli uni dagli altri.



Mauro



mercoledì 17 novembre 2021

SBOCCIAMENTI NOVEMBRINI - CONTEMPLAZIONE E RIFLESSIONE

 

Fioritura del pelargonio zonale.

Germogli di evonimo livornese.



17 novembre 2021
Sbocciamenti novembrini
Contemplazione e Riflessione

Delizia per gli occhi, spunti per la mente!

Due belle immagini dal mio 《giardinetto domestico》: 
la fioritura di un pelargonio zonale e una siepe di evonimo che germoglia.

Le piccoli-grandi soddisfazioni che ci regala la Natura attraverso le piante.
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Queste due immagini, nella loro bellezza, insieme alla contemplazione ci invitano però anche a una breve riflessione.
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Le piante, anche quelle in vaso sul balcone, sono, insieme agli animali, importanti indicatori degli stravolgimenti climatici in atto.

Siamo in montagna e tra le montagne, a circa 740 metri di quota.
Oggi, come già da un po' di settimane, si sentono nuovamente i fringuelli cantare, dopo una lunga pausa dovuta al caldo e alla siccità.
Allo stesso modo, le piante stanno facendo ora, a metà novembre, quello che normalmente farebbero tra settembre e inizio ottobre: il secondo ciclo vegetativo, ossia 《la seconda Primavera》 annuale; quella di fine Estate e inizio Autunno.

Dopo il trimestre 《horribilis》, giugno-luglio-agosto, le foglie delle siepi erano letteralmente cotte, pur essendo a mezz'ombra: non solo sotto il forte sole ma anche all'ombra, a causa del caldo anomalo.
Nello stesso periodo, i zonali avevano rallentato la loro germogliatura e le loro fioriture: a causa del caldo anomalo e anche di una piccola farfalla - apparentemente innocua - comparsa da un paio d'anni e proveniente da Paesi più caldi; una farfalla che scava i rami dei zonali trasformandoli nella sua 《casetta-incubatrice》.

Poi è giunto settembre che, dopo l'iniziale calo delle temperature nella prima decade del mese, ha dato il via a una 《seconda Estate》, più mite, durata fino ai primi giorni di ottobre: e così i germogli delle siepi appena aperti appassivano sotto il sole, e la farfalla esotica, che 《lavora》 sopra i 20 °C, continuava a smangiucchiare i pelargoni zonali.

A ottobre il passaggio brusco dall'Estate a un anticipo d'Inverno: e così, le piante hanno bloccato di nuovo il loro ciclo vegetativo.
Dalla seconda metà di ottobre, le temperature sono risalite nuovamente raggiungendo i valori di un mese prima, ossia quelli di settembre.

E così arriviamo ad oggi: da circa 30 giorni, con le temperature minime notturne quasi sempre tra i 5 e i 9 gradi sopra il normale, è iniziata la 《seconda Primavera》 con un mese e mezzo di ritardo. Adesso, con le temperature miti e il sole più basso e meno 《prepotente》, le piante hanno ripreso il ciclo vegetativo.
Le piogge più frequenti stanno certamente aiutando, soprattutto se si ripensa ai quasi 75 giorni di siccità del trimestre 《horribilis》 giugno-luglio-agosto; siccità interrotta solo da qualche breve scroscio.
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Tornando ora alle due immagini di oggi:
certamente è molto bello vedere nuovi germogli e nuove fioriture, e fa molto piacere contemplare la bellezza naturale 《catturata》 in queste immagini.
Allo stesso tempo, fa riflettere che tutto ciò stia avvenendo con 1½-2 mesi di ritardo: uno dei tanti indicatori dei cambiamenti climatici in atto da molti anni.


Mauro



lunedì 15 novembre 2021

CERCASI BENESSERE! QUELLO VERO PERÒ!



CERCASI BENESSERE! QUELLO VERO PERÒ!


Una società in cui personalmente non riesco a riconoscermi anzi, la trovo 《nociva》.


È la società del 《consumo》 a tutti i costi, la società dell'iperproduttivismo, la società del superfluo, la società del 《cestinamento facile》, la società dell'ossessione del PIL a tutti i costi - mostruosa ossessione -, la società dei ritmi impossibili, la società dello stress - perfino nella gestione del tempo libero -, la società del 《corri!》.


Una società 《mostruosa》 - una specie di antico leviatano biblico, animale divoratore - che in nome del 《consumo》 del superfluo continua nella sua folle marcia senza tregua, a scapito di se stessa.

Una società che è allo stesso tempo《carnefice》 e 《vittima》di se stessa, travolgendo nella marcia i suoi stessi individui componenti.

Una società che si lamenta dei suoi stessi errori, spesso senza neanche rendersi conto di esserne causa.

Una società insostenibile così come è strutturata oggi.

La società che vuole contrastare il cambiamento climatico ma 《consuma》 e 《produce》 ben oltre i suoi effettivi bisogni. 

La società che vuole salvare il pianeta ma che《scorrazza》 incessantemente da un parte all'altra, senza sosta, con automobili e altri mezzi di trasporto non meno inquinanti.


Insomma, una società senza il minimo senso del limite, destinata all'autodistruzione in mancanza di un reale cambiamento, a partire dalle abitudini quotidiane: traffico e spostamenti superflui, riscaldamenti 《a palla》, cementificazione senza sosta, e tanto altro.


Tutto in nome del PIL.

Già i pensatori dell'Ottocento - giusto per esempio - avevano però compreso che il benessere non si raggiunge esclusivamente mediante la produzione di ricchezza - soprattutto se non ridistribuita equamente - ma anche tramite il benessere psico-fisico di ciascun individuo.


Altrimenti il risultato è:

《Democrazie》 sulla carta;

《Plutocrazie》 nella realtà dei fatti.

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Dovremmo individuare il superfluo nel nostro quotidiano, adottando piccole ma importanti abitudini salva-sprechi che - se sommate collettivamente - possono riportarci a ritmi di vita più 《lenti》 (nell'accezione positiva del termine) e quindi meno impattanti.


Possono esserci utili in questo le 《quattro R》di una vignetta:

- RIDUCI;

- RIPARA;

- RIUSA;

- RICICLA.


È fondamentale se vogliamo essere coerenti con i buoni propositi di salvare il pianeta: per il clima e non solo.


Non servono grandi comizi, né grandi manifestazioni di piazza; e non bastano grandi incontri mondiali: servono piccoli e concreti gesti quotidiani.


Mauro




giovedì 11 novembre 2021

IL SAN MARTINO DI MADONNA D'APPÀRI

 




IL SAN MARTINO DI MADONNA D'APPÀRI


11 novembre - Ricorrenza di San Martino di Tours vescovo


Nelle foto, San Martino soldato a cavallo che divide il mantello con il viandante (Foto: Mauro Rosati, 2013).


Affresco dalla splendida chiesa del Santuario di Madonna d'Appàri a Paganica (L'Aquila, Quarto di Santa Maria fuori le Mura), lungo la strada che da L'Aquila conduce al Gran Sasso.

Un Santuario nel tempo mèta di viandanti, contadini, pastori che lì si fermavano anche solo per una breve preghiera prima di proseguire una giornata di duro lavoro.

Oggi luogo di ristoro per la mente e per l'animo.


La chiesa di Madonna d'Appari (origini XV secolo), immersa in un suggestivo contesto paesaggistico, è uno scrigno di affreschi di varie epoche e di varia tipologia stilistica, con registri artistici che vanno dal 《colto》 al 《popolare-devozionale》.

Un ricco 《catalogo》 di cicli pittorici da visitare con tranquillità e attenzione.


Mauro Rosati



martedì 9 novembre 2021

Si scrive CULTURA, si legge AGRI-COLTURA

Fonte immagine: https://www.facebook.com/293715641813/posts/10158592286891814/



Prendo spunto da un post e dall'immagine in alto - pubblicati sulla pagina Facebook 《La campagna appena ieri》- per una breve personale riflessione.

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Si scrive CULTURA, si legge AGRI-COLTURA


L’aratro e la penna...la semina e lo studio...il raccolto e il pensiero...il campo e la mente...il concime e lo studio!

Lo Studio: non solo lavoro di mente ma anche lavoro di mano.

La Campagna: non solo lavoro di mano ma anche lavoro di mente.

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Cultura e Agricoltura, due facce della stessa medaglia – metaforicamente parlando – poiché non c’è quasi nulla che più della Cultura – in tutte le sue forme – si avvicini all’Agri-coltura.

Il tratto in comune ce lo suggerisce già l’etimologia stessa delle parole Cultura e Coltura: entrambe derivano dal latino cultura, a sua volta derivato dal verbo colĕre, ossia coltivare – appunto -.


 

E fin qui niente di nuovo, potremmo dire.


 

Se dall’etimologia, però, passiamo anche al confronto concreto, ci accorgiamo che questi due mondi non hanno in comune solo il significato di «coltivare».

La Cultura è effettivamente un procedimento paragonabile metaforicamente a quello agricolo, sotto molteplici aspetti; qualcosa di vitale e vivace.


 

Quando impariamo a leggere e a scrivere, e iniziamo poi a frequentare la Scuola, gli insegnanti – proprio come un buon contadino - iniziano a dissodare un «terreno fertile» e lo preparano alla semina, che si svolge gradualmente e pazientemente nel corso degli anni scolastici.


All’esterno della Scuola, altri stimoli «piovono» contemporaneamente sul terreno fertile della mente umana, e ne favoriscono la crescita intellettuale.

Il «raccolto» è continuo, e sempre potenzialmente promettente: i frutti di questo raccolto sono proprio le capacità intellettive e di interrelazione culturale, non solo tramite la voce ma anche con la parola scritta e con altri mezzi. Un raccolto che si svolge in maniera «multimediale» (multi-media, ossia «con molti mezzi», letteralmente).


 

Queste «piante» metaforiche che seminiamo e coltiviamo fin dalla tenera età, proprio come tutte le piante necessitano però di attenzioni, di concimazioni regolari, di nuovi dissodamenti e anche di ampliare l’«appezzamento di terra» del nostro pensiero.

Così come il lavoro del contadino non si esaurisce con l’aratura e con la semina, allo stesso modo l’intelletto umano deve continuare la sua coltivazione, anche quando finisce il ciclo della Scuola – ossia della prima parte di questo lungo e continuo lavoro -. Solo così il «terreno» può mantenersi regolarmente fertile e produttivo.

Il «lavoro agricolo» del Pensiero prosegue sempre, anche in età adulta e matura, e deve alimentarsi di costanti «piogge» e «concimazioni» benefiche: in metafora, bisogna sempre continuare a coltivare e a irrobustire le proprie conoscenze con il «concime» della curiosità, della lettura, dello studio, dell’ascolto e di tanti altri stimoli intellettivi, compresi quelli che ci derivano dall’osservazione diretta della Natura, nella sua quotidianità.


 

Insomma, dopo la prima «semina», diventiamo «contadini di noi stessi» e dobbiamo impegnarci costantemente se vogliamo raccogliere buoni frutti, senza sosta, mantenendo sempre morbido e fertile quel terreno che è stato dissodato nella prima infanzia e poi arato e seminato negli anni scolastici.

E, come un buon contadino impara sempre qualcosa dai suoi «colleghi», così anche la nostra Cultura si accresce nel confronto reciproco – diretto o indiretto che sia -: ad esempio, chi sa leggere e scrivere può insegnarlo anche a chi non lo sa fare, ma - allo stesso tempo - anche chi non sa né leggere né scrivere può essere a sua volta maestro di conoscenze che si apprendono sul campo («campo» è un’altra parola che lega il mondo intellettuale al mondo agricolo). In questo modo l’uno arricchirà il proprio bagaglio di esperienza pratica, l’altro imparerà a leggere e a scrivere.


 

E il «campo» coltivato si estenderà costantemente con nuove specie da coltivare (ossia, nuovi interessi).

 

 

Mauro

 

 

P.s.. Chiudendo il cerchio della riflessione: l’Agricoltura stessa è a sua volta Cultura. È cultura materiale, appresa sul grande libro della terra, osservando e sperimentando.




lunedì 1 novembre 2021

《ÙNIASANTA, SCAPPA FÒRE DALLA MONTAGNA!》



ÙNIASANTA, SCAPPA FÒRE DALLA MONTAGNA!》

(OGNISSANTI, SCAPPA VIA DALLA MONTAGNA!)



Detto popolare che ho ascoltato e appreso - in questa versione - nell'Alto Cicolano, sub-regione storico-geografica ai confini amministrativi tra le regioni Lazio e Abruzzi.

La locuzione, diffusa anche oggi e in uso corrente fino ancora a mezzo secolo fa, era un invito a concludere entro la fine di ottobre tutte le attività agricole legate alla media e alta montagna, e a riportarsi ad altitudini di bassa montagna o collinari poiché,  con l'arrivo di novembre si faceva più concreta la possibilità delle prime gelate e nevicate, anticipate già dalle prime spruzzate di neve ottobrine (le 《'ncaciate》=spolverate di cacio, poiché la neve più tenue ricorda il cacio grattugiato).
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Linguisticamente, siamo nel raggruppamento di dialetti 《reatino-aquilano》, ossia in quella fascia geografica dell'Appennino centrale compresa tra le città di Rieti e L'Aquila (il confine orientale di questa fascia corre approssimativamente lungo il margine est del Comune dell'Aquila).

Trattandosi di un'area montuosa, dove quindi in passato le comunicazioni tra un paese e l'altro erano più rare e difficoltose, esistono numerose varianti lessicali anche tra borghi e villaggi molto vicini. Complessivamente però, c'è un'omogeneità di fondo nella struttura linguistica di quest'area che personalmente sono solito definire come 《Sabina montana》, ossia la parte di Sabina più interna e più orientale (《Sabina》 intesa nell'accezione storica più grande rispetto a quella attuale).

Questo raggruppamento dialettale 《reatino-aquilano》 rientra nella più ampia area linguistica della 《lingua italiana mediana》, la quale si sviluppa dall'Adriatico fino alle soglie del Tirreno, attraversando l'Appennino attorno alla direttrice Ancona-Roma e toccando le odierne regioni amministrative di Marche, Umbria, Lazio, Abruzzi.
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È molto probabile che espressioni simili esistano anche in altri Dialetti d'Italia, così come le feste legate alla fine della stagione agricola: se le conoscete, segnalatele nel gruppo FacebookLessico delle Lingue e Dialetti d'Italia 》.


Mauro