sabato 31 maggio 2025

《TORNEREMO A SOLCARE IL VASTO MARE》

Fontecchio (L'Aquila):
edicola commemorativa dei Caduti
della Prima Guerra Mondiale.

(Foto: Mauro Rosati, 2025)

 


Monumento: dal verbo latino 《monere》(=ammonire, ricordare).

Chissà se esistono una città, un borgo, un villaggio d'Italia che non abbiano un monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale.

La 《Grande guerra》 venne chiamata in origine, definita talora anche  come la 《Quarta guerra d'indipendenza》 per quanto riguardò l'Italia. Un conflitto su larga scala durato quattro anni (1914-1918) che viene considerato come l'ultima delle guerre 《antiche》 e la prima delle guerre 《contemporanee》. A memoria dei Caduti nacquero monumenti commemorativi e i 《Parchi della Rimembranza》 (rimembranza=ricordo), nei quali ad ogni albero piantumato corrispondeva la Memoria di un Caduto.

Ventuno anni dopo, nel 1939, iniziò un secondo grande conflitto su scala mondiale: e così la 《Grande guerra》 diventò la 《Prima Guerra Mondiale》(1914-1918), per distinguerla dalla 《Seconda》(1939-1945).

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Anche Fontecchio, borgo del Contado Aquilano sud-orientale (Quarto di San Giorgio fuori le Mura), ha il suo monumento ai Caduti della 《Grande guerra》: si trova al di sopra della Porta civica più esterna che dà accesso da nord al borgo fortificato medievale e guarda verso Piazza del Popolo, dove troviamo un altro monumento ai Caduti, riferibile come tipologia a quelli successivi alla Seconda Guerra Mondiale.


Il monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale di Fontecchio, è una sobria e solenne edicola, di tipo architettonico classicheggiante, datata V[?] maggio MDCCCCXXI (5 maggio 1921).

Nota. L'anno 《1921》 è scritto secondo la numerazione romana dell'uso antico, ossia MDCCCCXXI; nella numerazione romana moderna, di uso ed epoca umanistica, la medesima data verrebbe scritta come MCMXXI.


La lapide, riportante una croce latina tra i nomi dei Caduti, recita nel capo la dedica della comunità di Fontecchio: 《 I FONTECCHIANI AI GIOVANI EROI / CHE DEL SANGUE LORO INFIAMMARONO / LE VIE DELLA PATRIA / DISCHIUSE VERSO I SUOI GRANDI DESTINI 》.


In alto, sotto al timpano triangolare, si legge una citazione epigrafata tratta dalle 《Odi 》 di Orazio (Quinto Orazio Flacco): 《 CRAS INGENS ITERABIMUS AEQUOR 》(=Domani riprenderemo a solcare il vasto mare) ; ORAZIO, 《Odi》; libro I, Ode VII.

Nel contesto originale si tratta dell'ultimo verso dell'Ode VII, Libro I, nella quale Orazio cita il discorso di Teucro a incoraggiamento dei suoi compagni di esilio: Teucro, personaggio mitologico, era il fratellastro di Aiace di Telamone, quest'ultimo morto suicida poiché non aveva ottenuto le armi di Achille, caduto durante l'assedio di Troia; tornato a Salamina, Teucro venne mandato in esilio dal padre Telamone che lo accusava di non aver saputo impedire il suicidio del fratello Aiace. E così, l'esule Teucro incoraggia appunto i suoi compagni di esilio a cercare nuove terre e nuove imprese dopo la partenza da Salamina: 

《[...] Teucro, fuggendo / da Salamina e dal padre, pure si dice che mise / una ghirlanda di pioppo sulle tempie umide / di vino, e parlò in questo modo agli amici tristi: /

"Dovunque ci porterà la fortuna, migliore / di mio padre, andremo, compagni ed amici: / Non disperate, sotto la guida e gli auspici di Teucro; / a Teucro ha promesso Apollo infallibile / un'altra Salamina su terre nuove. / O valorosi che avete sofferto di peggio / al mio fianco, ora scacciate col vino gli affanni: / domani riprenderemo il vasto mare.》 (riferimento bibliografico principale: https://online.scuola.zanichelli.it/perutelliletteratura/files/2010/04/testi-it_orazio_t4.pdf ).

Nel contesto specifico del monumento commemorativo di Fontecchio questo verso di Orazio si può interpretare come allusione alla resurrezione dei Caduti in un'altra terra, nell'eternità, per navigare nuovi mari e affrontare nuove imprese nella vita celeste; l'esilio da Salamina diventa metafora della morte in guerra, esilio e partenza dalla vita terrena, e i nuovi mari e le nuove terre diventano metafora di una nuova vita, la vita eterna dopo aver lasciato la vita terrena.


Alla base dell'edicola commemorativa sono raffigurati due rami di alloro, allegoria della vittoria, posti in decusse (a croce di Sant'Andrea) con i gambi che traforano lo scudo centrale raffigurante l'arme civica di Fontecchio nella versione più moderna: due leoni affrontati e controrampanti, che bevono da una fontana riproducente la vicina Fonte monumentale di Piazza del Popolo.

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Ritroviamo questa tipologia di monumenti, espressione della raffinata cultura umanistica e simbolica dell'epoca, in molti altri borghi e villaggi dell'ampio circondario dell'Aquila: ad Assergi, a Sassa, a San Benedetto in Perillis, a Calascio; giusto per citare alcuni esempi.

Monumenti sobri e comunicativi allo stesso tempo, frutto di una fine sensibilità culturale architettonica e letteraria. Monumenti da studiare e rivalutare: per la Memoria e per la Cultura.



Mauro Rosati

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giovedì 29 maggio 2025

《MONTAGNE VERDI》

 

(Foto: Mauro Rosati, 2025)


Montagne verdi!


Una passeggiata pomeridiana a Pie' la Costa di Tornimparte (L'Aquila): le belle montagne verdeggianti che si scorgono dal Chiassetto Scaruzza. 

Uno dei molteplici suggestivi scorci che ci offre questo piccolo e grazioso borgo, meritevole di essere visitato, a due passi dalla nostra Città dell'Aquila, nel Quarto di San Giovanni fuori le Mura.


In questa veduta (vedi foto) ho apprezzato particolarmente il nitóre dei colori, figlio di una combinazione tra atmosfera e luminosità del momento:

il verde quasi《rubino》 dei boschi sul limpido fondo celeste, il chiaroscuro dei pendii ondulati creato dall'alternarsi cadenzato di creste assolate e di valloni ombreggiati, e quelle nuvole sparse nel cielo, come fossero pennellate di bianco dalla tonalità delicata ma dai contorni decisi! 🖌 🎨 


Condivido quindi con piacere quest'immagine, che è veduta ed emozione allo stesso tempo! 🌳 ☁️ 

 

Tra l'altro questi monti sono uno spettacolo anche in Autunno, quando si colorano di tante sfumature; una vera e propria tavolozza. 😊

E, inoltre, quando nevica a sufficienza mi hanno sempre dato la suggestione di grandi pandori ricoperti di zucchero a velo. ❄


Fate un salto a Pie' la Costa, magari per un passeggiata domenicale:

contemplatene e 《assaporatene》 le vie, le piazzette, le rue, l'onomastica stradale che riflette la memoria della storia locale, la fonte pubblica, le molte colorate e originali meridiane realizzate alcuni decenni fa dai signori Alessandro ed Erminio, le rocce calcaree e i 《tufi》 che emergono in tanti punti del paese, le pendenze graduali da percorrere in tranquillità e godere passo per passo, i dettagli costruttivi delle abitazioni più caratteristiche.


Un ringraziamento e un apprezzamento alla locale associazione 《Amici della Montagna》 che si prende cura della valorizzazione di questo borgo incastonato alle falde dei monti che corrono fra Tornimparte e l'Alto Cicolano.

Un borgo che, come molti nel nostro Appennino, cerca di far fronte al problema dello spopolamento.



Mauro Rosati

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martedì 20 maggio 2025

《SANTA BARBARA E IL SUO QUARTIERE - Riflessioni, storia e comparazioni》

 



Santa Barbara, epònima del noto quartiere aquilano della prima periferia ovest, integralmente ricostruito dopo il sisma del 2009 conservando la sua impostazione urbanistica e le volumetrie originali delle case e delle palazzine demolite. Si tratta del quartiere ex INA intitolato appunto "Santa Barbara" (Quarto di San Pietro fuori le Mura), edificato nell'àmbito del piano nazionale di edilizia residenziale economica denominato 《INA-Casa》, attuato tra il 1949 e il 1963, dove l'acrònimo 《INA》 sta per I(stituto) N(azionale) A(ssicurazioni)
( vedi ad es.:
https://www.treccani.it/enciclopedia/il-piano-ina-casa-1949-1963_(Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Tecnica)/ , 20/05/2025).

I quartieri cittadini "Banca d'Italia" e quelli "INA-Casa" di Santa Barbara e di San Francesco, sorti dopo la Seconda Guerra Mondiale, rappresentano forse l'ultimo esempio del Novecento di urbanizzazione abbastanza ben pianificata e omogenea, anche dal punto di vista delle volumetrie, prima che prevalesse un criterio di pura e semplice lottizzazione edilizia senza rigorose prescrizioni di ordinata pianificazione, ordinata distribuzione e volumi edilizi regolari.
I quartieri "ex INA" di Santa Barbara e San Francesco, nonché quello "Banca d'Italia", si caratterizzano infatti per uno schema di strade convergenti verso lo spazio di una piazzetta centrale (es. Piazza Tommaso da Celano a San Francesco) e per la presenza di servizi comuni, tra i quali spazi verdi, come aiuole e alberature. Inoltre, dal punto di vista dell'odonomastica, il quartiere "Banca d'Italia" può essere definito anche come "Quartiere Italico", poiché le sue vie sono prevalentemente intitolate a popolazioni italiche inerenti alla storia antica degli Abruzzi: via dei Frentani, via dei Marrucini, via dei Marsi, via dei Peligni, via dei Piceni, via dei Sabini, via dei Vestini, con al centro la Piazza della Lega Italica, secondo una logica onomastica omogenea.
Architettonicamente, le case INA si contraddistinguono e si riconoscono per una struttura essenziale costituita da un telaio in cemento armato con tamponature in mattoni a vista, osservabili ancor oggi sulle abitazioni ristrutturate per le quali non è stata effettuata demolizione.


- Perché "quartiere Santa Barbara"?
Alcuni concittadini, nonché
la guida toponomastica aquilana di Quirino Bernardi (1961), pressappoco coeva all'edificazione del quartiere, riferiscono che il titolo di "Santa Barbara" sarebbe stato attribuito per la vicinanza del caseggiato alla Piazza d'Arme (o Piazza d'Armi), divenuta poi demanio comunale negli anni 2000, e alla corrispettiva Caserma "Giuseppe Pasquali/Campomizzi". Ancora alla fine degli anni '90 del Novecento da viale Corrado IV si vedevano i mezzi militari durante le esercitazioni proprio nell'ampio campo di Piazza d'Arme. Fino ad alcuni anni fa, la Caserma "Pasquali-Campomizzi", oggi sede degli Alpini, ha ospitato la Brigata Meccanizzata "Acqui".


- E quindi perché "Santa Barbara"?
Santa Barbara è tradizionalmente patrona di lavoratori che hanno a che fare con i rischi di fulmini, fuoco, esplosivi e simili; ad esempio:
i Vigili del Fuoco, la Marina Militare Italiana, e - ancora - artificieri, minatori, marinai, artiglieri, architetti, ingegneri ambientali, muratori, campanari, ombrellai.
Non a caso, i depositi di munizioni venivano comunemente chiamati anche《santabarbara》, come riscontrabile nei vocabolari di lingua italiana.
Santa Barbara, secondo alcune versioni agiografiche, fu rinchiusa in una torre dal padre Dioscoro, da cui la diffusa rappresentazione iconografica della Santa che regge una torre. E sempre suo padre Dioscoro, secondo alcune delle differenti versioni, uccise di persona la figlia Barbara e venne colpito da un fulmine o da un grande fuoco disceso dal cielo.
(vedi ad es.: https://www.santiebeati.it/dettaglio/80400 , 20/05/2025).

Santa Barbara, la cui ricorrenza cade il 4 dicembre, è anche patrona della Città di Rieti.
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Nota integrativa.
Come attestato da immagini d'epoca pubblicate ad esempio in 《Aquila in cartolina》, già prima della Seconda Guerra Mondiale, quindi precedentemente al quartiere "Santa Barbara" e alla Caserma "Pasquali-Campomizzi", l'ampia area di Piazza d'Arme veniva utilizzata come campo di esercitazioni per la vicina Caserma "Vincenzo De Rosa", sede del 18° Reggimento di Artiglieria, sciolto nel 1943 dopo l'armistizio dell'8 settembre e la rotta dell'Esercito Italiano. 

Raccontava il signor Spartaco, aquilano classe 1925, che durante l'occupazione nazista (1943-1944) Piazza d'Arme venne utilizzata anche come spazio per atterraggio e decollo di velivoli da parte delle truppe occupanti. 

La Caserma "De Rosa" era una grande cittadella che sorgeva nell'area di Villa Gioia, dove oggi si trovano i complessi del Palazzo di Giustizia e dell'Agenzia delle Entrate, sempre come attestano immagini d'epoca consultabili in diverse pubblicazioni.

Oggi, come unica e importante testimonianza materiale dell'ex Caserma "De Rosa", rimane la grande facciata triangolare a ridosso delle Mura civiche di Viale XXV Aprile, visibile dal piazzale di una galleria commerciale in Via Rocco Carabba e da chi percorre il Viale verso, o da, la Stazione Ferroviaria Centrale. La facciata rimanente, restaurata insieme alle Mura, faceva parte di una delle scuderie dell'ex Caserma, come riscontrabile dalla comparazione con le foto d'epoca disponibili nelle pubblicazioni.
Fino al terremoto del 2009 erano visibili anche altri elementi del complesso della Caserma "De Rosa":
• una interessante garitta in mattoni di gusto neo-gotico essenziale, elevata su un bastione, poi crollata a causa del sisma e non ricostruita durante il restauro delle Mura (la garitta era situata sulle mura a ridosso del piazzale antistante al Tribunale) ;
• e poi c'era anche una palazzina di buongusto otto-novecentesco che sorgeva subito accanto al Palazzo di Giustizia (a sinistra guardando l'ingresso del Tribunale), visibile sulla destra scendendo all'inizio di Via Francesco Filomusi Guelfi, e già sede del Comando della Caserma "De Rosa", come indicato nella didascalìa di un'immagine di 《Aquila in cartolina》; questa interessante palazzina, demolita dopo il sisma e non ricostruita, corrispondeva a una parte degli odierni parcheggi a ridosso del Tribunale.
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Insomma, un breve giro tra pagine di Storia contemporanea della nostra città:
da Santa Barbara e Piazza d'Arme fino a San Francesco, dal quartiere "Banca d'Italia" a Villa Gioia.


Mauro
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lunedì 19 maggio 2025

CONTEMPLANDO UN DIPINTO - CURIOSITÀ

 


CONTEMPLANDO UN DIPINTO - 

CURIOSITÀ


L'Aquila, veduta pittorica d'epoca dell'odierna Via Cavour verso la Torre Civica di Palazzo.


Siamo all'altezza dell'ex chiesa degli Oratoriani, oggi teatro, di San Filippo Neri, che riconosciamo in primo piano sulla sinistra dalle bugne che sporgono dalla facciata grezza; di fronte alla chiesa si apre la piccola e accogliente piazzetta di impronta barocca, la quale richiama per impostazione la piazza dinanzi alla chiesa di Sant'Ignazio di Loyola a Roma.


Osservando i personaggi nel dipinto notiamo in primo piano un prelato che indossa il caratteristico galèro, copricapo ecclesiastico circolare a tesa larga, oggi in disuso come abbigliamento ma ancora presente negli stemmi araldici ecclesiastici, importante per qualificare il grado gerarchico di un prelato in base al colore e al numero dei fiocchi (oggi principalmente per vescovi, arcivescovi, cardinali).

Più avanti intravediamo figure femminili con le caratteristiche ampie gonne ancora in uso nella prima parte del Novecento, e con mantelline sulle spalle.


Siamo nel periodo antecedente allo sventramento del 《Vicolaccio》 per l'apertura di 《Via Italo Balbo》, poi 《Via Sallustio》: ce ne accorgiamo osservando quel palazzetto con pilastro d'angolo al primo piano e con tendoni rossi di probabili attività commerciali al pianterreno. Si tratta di uno dei fabbricati demoliti in due momenti: nei primi anni '40, quando lo sventramento, partendo in discesa dal lato di Corso Vittorio Emanuele, si fermò all'incrocio con Via Cavour, per poi riprendere dopo la Seconda Guerra Mondiale, negli anni '50 e '60, quando le demolizioni raggiunsero Piazza Fontesecco.

Come ricorda il signor Gianni, aquilano classe 1940, alla fine degli anni' 40 gli sventramenti erano fermi all'altezza dei 《Protestanti》, ossìa dell'ex Oratorio dei Filippini (Oratoriani) ad angolo tra Via Cavour e via Sallustio, che ospitava la comunità della Chiesa Cristiana Evangelica fino al terremoto del 2009 (da cui la denominazione popolare di chiesa dei 《Protestanti》). Alla fine degli anni '40, racconta sempre il signor Gianni, il 《Vicolaccio》 presentava un piano stradale dissestato, caratterizzato da dossi e avvallamenti nei quali i bambini dell'epoca si dilettavano a giocare.

Lo sventramento novecentesco di Via Sallustio provocò la scomparsa di una serie rettilinea di vicoli, tra i quali 《Via del Real Liceo》 e 《Via San Vittorino》, nonché la Cappella Signorini-Corsi e un lato del chiostro del monastero femminile della Beata Antonia (monastero dell'Eucarestia).


A parte i danni provocati dall'apertura di Via Sallustio, fortunatamente lo scorcio è rimasto in gran parte apprezzabile tutt'oggi, soprattutto con i lavori di ricostruzione post-sisma 2009, con la cima svettante della Torre di Palazzo e con le caratteristiche piccole case lungo il vicolo, risparmiate dagli sventramenti novecenteschi.

Per poter apprezzare al meglio la veduta della Torre, però, oggi dobbiamo avvicinarci di più verso Piazza del Palazzo poiché, dall'altezza di San Filippo, una palazzina del secondo Novecento su via Sallustio permette di vedere soltanto la punta e un parte del fianco della Torre, che invece possiamo apprezzare meglio superando quella palazzina.


Una curiosità odonomastica.

L'odierna via Cavour, almeno per il tratto più vicino a Piazza del Palazzo, era menzionata in passato come 《Via Santa Maria ad Civitatem》, come attestano ad esempio pubblicità dei primi del Novecento. La via prendeva il suo nome dalla chiesa di Santa Maria ad Civitatem, che si trovava all'angolo tra l'odierna Via Cavour e Piazza del Palazzo; la chiesa è stata inglobata nel palazzo che prima del sisma del 2009 ospitava il noto 《Ristorante Ernesto》.

È quindi molto probabile che il palazzo storico conservi le strutture di questa antica ex chiesa.

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Che la percorriate verso Piazza del Duomo oppure verso Piazza del Palazzo, una bella passeggiata lungo via Cavour è sempre un piacere!


Mauro

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sabato 10 maggio 2025

《MECENATI... AQUILANI》

(Foto: Mauro Rosati, 2025)

 
(Foto: Mauro Rosati, 2025)


-《FAMIGLIA CARNICELLI - TORNIMPARTE 》

-《DOMENICO COLETTI E FAMIGLIA - RIPA FAGNANO》

(vedi stemmi in alto a destra nella prima immagine).

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Basilica-Santuario di San Gabriele dell'Addolorata, Padri Passionisti; Isola del Gran Sasso (Teramo):

all'interno del portico della facciata monumentale sono riportati in alto i nomi, e a volte i blasoni, dei donatori che resero possibile l'edificazione del bel prospetto porticato (1929).

Tra essi leggiamo nomi soprattutto dalle province degli Abruzzi e delle Marche, per ovvie ragioni di vicinanza geografica, ma anche da altre province italiane nonché dalla Repubblica di San Marino, in qualità di Stato sovrano, e da emigranti del Canada e degli Stati Uniti d'America.


I nomi dei donatori sono impostati tutti secondo lo schema di un blasone, menzionati entro uno scudo accompagnato da un cartiglio sottostante che ne indica il luogo di origine.

Nel caso di personalità blasonate, ecclesiastiche o civili, o di intere comunità, compaiono nel campo dello scudo i rispettivi simboli, mentre per i donatori non blasonati viene indicata la denominazione della persona o della famiglia ma, per omogeneità, sempre secondo l'impostazione di uno stemma araldico.


Interessante l'iscrizione nel lato destro del portico (prima immagine), dalla quale traspare un sentimento di attiva partecipazione collettiva in virtù del quale, sia privati cittadini, sia intere comunità, contribuiscono attivamente al finanziamento dell'opera:

《ANNO DOMINI MCMXXIX / HVNC TEMPLI PROSPECTVM / AVCTORE JOSEPHO ROSSI VIRO FIRMANO / SODALES A PASSIONE COLLATICIA STIPE ERIGI CVRARVNT》

(= Nell'Anno del Signore 1929

i confratelli Passionisti 

grazie a una donazione collettiva

provvidero all'edificazione di questo prospetto

opera di Giuseppe Rossi da Fermo.)

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Nota.

Sul lato opposto del portico (seconda immagine), sempre all'interno, un'altra epigrafe ricorda l'elevazione del santuario alla dignità di Basilica minore da parte di papa Pio XI (regnante 1922-1939), il cui stemma pontificio è riprodotto sul lato sinistro esterno della facciata:

《KALENDIS JVLII MCMXXIX / PIVS XI PONTIFEX MAXIMVS / ANNO PLENO QVINQVAGESIMO SVI SACERDOTII / TEMPLVM HOC BASILICARVM HONORIBVS DECORAVIT》

(=Nelle Calende di Luglio [1° luglio] del 1929

Pio XI pontefice massimo

nel cinquantesimo anno della propria ordinazione sacerdotale

fregiò questo tempio degli onori di Basilica).

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Nota a parte, per un ulteriore e più ampio inquadramento storico: 

Pio XI, di origine brianzola, è stato il Papa dei 《Patti Lateranensi》, stipulati con il Regno d'Italia l'11 febbraio del medesimo anno 1929.

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Mauro Rosati

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giovedì 8 maggio 2025

《LA CONCHIGLIA FOSSILE》

(Foto: Mauro Rosati, 2025)


《LA CONCHIGLIA FOSSILE》


Non di rado si possono trovare conchiglie anche a decine di chilometri dal litorale!
🐚 😉

Camminando per le vie della città, infatti, ogni tanto vale la pena 《fossil-izzarsi》anche sui dettagli che si presentano davanti ai nostri piedi.

Come in questo caso (Quarto di Santa Maria): una conchiglia fossile del genere 《Pecten》 , molto comune nel nostro territorio.
È sempre affascinante trovare conchiglie, coralli e altri fossili marini a centinaia e a migliaia di metri di altitudine, a ricordarci che tutti noi, comprese le nostre montagne, veniamo dal mare! 🌊 

🔎 Appena vista, da lontano, mi ha dato fin da subito quell'impressione ma, nel dubbio, ho chiesto pareri:
ringrazio in particolare per l'interessamento Eleonora Gallo che, incuriosita dal dettaglio, ha chiesto conferma a un esperto in materia, il quale ha identificato la piccola conchiglia appunto come 《Pecten》.

Forse una conchiglia ricoperta in origine dalla sabbia, come ci capita spesso di vedere sulla battigia delle nostre spiagge.
Poi, nel corso di milioni di anni, quella sabbia è emersa dal mare, si è consolidata diventando pietra e ha inglobato questa conchiglietta.
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E così, quasi automaticamente, la vista di questo fossile mi ha richiamato alla mente il bel poemetto ottocentesco 《Sopra una conchiglia fossile》, di Giacomo Zanella, consultabile all'indirizzo:
✒ Il componimento poetico fa parte della più ampia raccolta 《Versi》 dello stesso Giacomo Zanella.

Buona lettura! 😊 


Mauro
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venerdì 2 maggio 2025

02 maggio 2015 - RITORNO A SAN BERNARDINO

 

La teca di San Bernardino entra in Basilica tra la folla trepidante e il suono festoso delle campane
(Foto: Mauro Rosati, 2015).


02 maggio 2015 - RITORNO A SAN BERNARDINO


Dieci anni fa un gran bel giorno per la Città dell'Aquila, una di quelle giornate che rimangono negli Annali; e lo scrivo senza alcuna retorica!


Tra le strade gremite di gente e il suono a festa delle campane, dopo sei anni di peregrinazioni il corpo di San Bernardino da Siena (《San Berardino》) rientrava dentro le Mura civiche per riprendere posto nella sua Basilica-Mausoleo.


Una grande festa per tutta la Comunità Aquilana, e non solo, che finalmente tornava a varcare la soglia della grande chiesa, uno tra i monumenti più rappresentativi della Città dell'Aquila, sia da un punto di vista religioso sia civico.


Adulti e adolescenti curiosi e impazienti di calpestare nuovamente il pavimento della Basilica e toccarne di nuovo le mura; 

bambini che vi entravano per la prima volta poiché troppo piccoli per ricordare quel luogo.

Una giornata che ricordo passo per passo, con la stessa emozione ancora adesso!


E a metà mese sarebbero poi arrivati anche gli Alpini di tutta Italia per l'88ª Adunata Nazionale delle 《Penne Nere》! 

Un mese di grande fermento e grande festa quel maggio aquilano del 2015!



Mauro

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