mercoledì 25 maggio 2022

CASTELVECCHIO CALVISIO, PICCOLÒMINI E NON SOLO

 
Castelvecchio Calvisio: arme Piccolòmini.
(Foto: Francesca Sacco, 2022)



CASTELVECCHIO CALVISIO, PICCOLÒMINI E NON SOLO


Sfogliando le immagini di una nuova uscita di Archeoclub L'Aquila ecco che spuntano fuori nuovi interessanti spunti di approfondimento.

Una mattinata di apprendimento, con i partecipanti ospitati e guidati dalla prof.ssa Luigina Antonacci, sindaco di Castelvecchio Calvisio, e dall'arch. Corrrado Marsili, con la collaborazione del Comune di Castelvecchio Calvisio.

---------------------------------------------------------------------------


Siamo a Castelvecchio Calvisio, borgo fortificato a est-sud-est di L'Aquila, nella Baronìa di Carapelle, ai confini orientali del Contado aquilano ma sempre nel Circondario dell'Aquila.

Il borgo si caratterizza per la sua conformazione urbanistica a pianta ortogonale con vie strette e dritte che si intersecano perpendicolarmente fra loro se le osserviamo dall'alto. L'intero nucleo fortificato si caratterizza per una forma complessiva che ricorda uno scudo ovale, una sorta di carapace di una tartaruga.

Intorno al centro fortificato, costituito da stupendi vicoli caratterizzati da un susseguirsi di archi e 《cavalcavia》 tra un caseggiato e l'altro, osserviamo il perimetro delle antiche mura, inglobate dalle abitazioni dei secoli più recenti (le case-mura), quando le mura persero gradualmente la loro funzione difensiva (fenomeno ricorrente in molti nuclei storici fortificati, in Italia e non solo).

Osservando queste mura, però, distinguiamo bene i profili dei bastioni, la loro struttura, poiché le case-mura tendevano a utilizzare la muratura difensiva già esistente e che spesso rimane ben individuabile.

(Sulla sapienza ìnsita nei centri antichi di borghi e città, vedi:

https://pianetalaquila.blogspot.com/2019/03/la-sapienza-dei-borghi-citta-e-paesi.html?m=1 )

-----------------------------------------------------


Lungo il circuito difensivo svetta la meravigliosa torre, porta civica bastionata, con l'orologio pubblico sopra la porta che accede all'abitato antico; orologio della tipologia a 《ore francesi》 con il quadrante 《a 12 ore》.

(Vedi: https://pianetalaquila.blogspot.com/2022/05/gli-orologicontadinie-il-quadrante-6-ore.html?m=1 )

-----------------------------------------------------


Tra le vie del borgo, infilate prospettiche di archi tra una casa e l'altra, materiali antichi reimpiegati nelle case medievali e post-medievali, a testimoniare l'antichità degli insediamenti abitativi a Castelvecchio e dintorni, come ci suggerisce anche il toponimo: 

Castel-vecchio》 appunto, indicante la vetustà del luogo come sito fortificato.

-----------------------------------------------------


E poi che dire della chiesa parrocchiale di San Giovanni il Battista con la sua facciata-campanile, il portale rinascimentale, la vela campanaria a quattro fòrnici (aperture) che svetta sulla cima della facciata, ricordandoci un po' la tipologia di Madonna d'Appari a Paganica (L'Aquila) e simili. Entrando ci accoglie l'ampio e monumentale interno a due navate dalle volte a crociera, le bugne a diamante dipinte sotto gli archi con effetto ottico tridimensionale (trompe-l'œil); molteplici gli altari lungo la navata dalle grandi e varie spazialità prospettiche, fino all'altar maggiore ligneo, vera e propria struttura architettonica barocca che ricorda l'impostazione di un 《retablo》.

Una costruzione architettonica a due ordini, questo altare, dominato nell'asse centrale dalla Madonna con il Bambino e, nella nicchia superiore dal Cristo risorto che con un gesto sembra protendersi verso fedeli e visitatori nella navata. Tra le due nicchie sui due livelli, domina come perno centrale, sacro e figurativo, la rappresentazione del calice con l'Eucarestia, metafora del sacrificio di Cristo che si ripete ad ogni celebrazione: morte e rinascita di Cristo, morte e rinascita dell'Umanità dal peccato.


Le altre nicchie di questa grande costruzione ci richiamano alle figure dei Santi che certamente devono essere legate storicamente alla Comunità di Castelvecchio Calvisio:

e così in basso a sinistra vediamo San Giovanni il Battista, titolare della chiesa parrocchiale, vestito con una semplice pelle di cammello, secondo diffusa tradizione iconografica;

sul lato opposto, sempre in basso, vediamo San Lorenzo martire, anch'egli vestito secondo l'iconografia più tradizionale;

in alto a destra, accanto al Cristo risorto, ci osserva San Martino di Tours, vestito con gli attributi vescovili, in quanto vescovo di Tours, appunto;

infine, in alto a sinistra, San Cipriano vescovo e martire; esistono diverse figure di San Cipriano nelle agiografie (biografie di Santi) ma quello di Castelvecchio Calvisio farebbe pensare a San Cipriano di Antiochia, vescovo e martire, poiché nella chiesa omonima fuori dal paese lo vediamo affrescato nell'abside di fronte a una giovane Santa: e ciò farebbe pensare a Cipriano d'Antiochia, mago pagano poi convertitosi al Cristianesimo, divenuto vescovo e martirizzato insieme alla giovane Giustina, vergine, all'inizio del IV secolo (da non confondere, sembra, con Santa Giustina di Padova).

Torniamo all'altare della parrocchiale.

In corrispondenza di ogni Santo, una scena narra il suo martirio o una scena simbolo della sua vita: e così vediamo San Cipriano d'Antiochia che, con Santa Giustina vergine, viene martirizzato per decapitazione, allo stesso modo di San Giovanni il Battista; sul lato destro, invece, San Martino a cavallo è raffigurato nel celebre episodio della divisione del mantello con il viandante, mentre in basso è ritratto San Lorenzo martirizzato sulla graticola.

-----------------------------------------------------


Parlando di San Cipriano, facciamo un salto fuori dal borgo e, tra splendide vedute paesaggistiche, raggiungiamo l'antica chiesa alto-medievale ad egli intitolata e sorta sui resti di un tempio romano dedicato a Venere.

La chiesa campestre di San Cipriano ci accoglie con una particolare facciata-campanile dalla torre campanaria che si staglia in alto leggera con un secondo arco esattamente sovrastante al portale d'ingresso. Rimaneggiata e integrata nel corso della sua storia, come tutte le chiese alto-medievali sorte su siti pagani, San Cipriano ci mostra la sua varietà architettonica fatta di materiali antichi reimpiegati nella muratura portante della chiesa, dall'aspetto sobrio e rustico.

Ci attirano alcuni dipinti ad affresco, di secoli tardo-medievali se non protorinascimentali: ed ecco un arco laterale con pilastri dipinti da motivi fito-floreali (foglie e fiori), per poi alzare lo sguardo e vedere un angelo annunciante in alto a sinistra sull'arco (l'arcangelo Gabriele) e la Vergine Maria, sul lato opposto. Una scena di Annunciazione, quindi, che vede una piccola figura e una scritta su un pilastro, probabilmente riferimento a un devoto committente del dipinto.

Raggiungiamo la nicchia del catino dell'abside, superato il ciborio, e ci troviamo davanti alle due figure affrescate di cui parlavamo più sopra: il Santo vescovo (probabilmente il San Cipriano d'Antiochia, vescovo e martire), e la giovane Santa con un libro aperto nella mano (probabilmente la Santa Giustina vergine e martire). Sulle agiografie di questi due Santi non ci sono certezze assolute, tuttavia questa coppia affescata che vediamo nella chiesa di San Cipriano e il martirio di San Cipriano raffigurato nella chiesa parrocchiale, ci farebbero ipotizzare - con il beneficio del 《forse》- che si tratti dei Santi martiri Cipriano e Giustina di Antiochia.

---------------------------------------------------------------------------


Tanto altro ci sarebbe da dire e da osservare ma questo post vuole essere soltanto un invito a visitare e ad osservare le tante notizie che questo borgo del Circondario aquilano ci sa narrare.


E torniamo proprio nel borgo, dove il Palazzo del Capitano ci narra della presenza della signoria Piccolòmini, noto casato storico presente con i suoi tanti rami ereditari in molte aree d'Italia.

Anche qui a Castelvecchio troviamo la loro arme (immagine in alto), o blasone (stemma), reso famoso anche dal papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolòmini.

Ecco la blasonatura dei Piccolòmini così come descritta da Giovan Battista di Crollalanza (Dizionario storico-blasonico) negli anni '80 dell'Ottocento:

D'argento, alla croce piena d'azzurro, caricata di cinque crescenti montanti d'oro [...]》

Ho lasciato i puntini di sospensione poiché, in alcune varianti, l'arme presenta anche l'aquila imperiale in capo alla croce. 

Ovviamente dipende dai singoli rami del casato.

In questi caso (immagine in alto), al piede della croce, una 《 F 》 incisa.

-----------------------------------------------------


Desidero concludere con una breve nota estetica.

Tra le molte foto realizzate dai partecipanti alla visita, ve n'è una che ritrae una graziosa piazzetta (immagine in basso): una fontana circolare al centro, con vasca in pietra, un anello selciato in porfido, delle panchine semplici e un bell'anello a prato ed alberi che conclude lo spazio circolare di questa piazzetta.

La bellezza della semplicità》, così ho spontaneamente definito quest'immagine: la bellezza non richiede grandi interventi quanto piuttosto pochi semplici ritocchi e aggiustamenti, nei paesi come nelle città.

E il 《verde》(prati, siepi, alberi), elemento fondamentale, è immancabile, ancor più nell'urbanistica odierna.


Mauro


Castelvecchio Calvisio, piazzetta.
(Foto: Paola Cinque, 2022)


sabato 14 maggio 2022

PIZZOLI, L'ARME CROSTAROSA

 

Pizzoli, arme nobiliare Crostarosa.
(Foto: Emanuele Curci, 2022)


PIZZOLI, L'ARME CROSTAROSA

Insieme al blasone del cardinale Cosimo de Torres, un altro spunto di interesse araldico, sempre dalle immagini pubblicate della visita a Pizzoli della sede Archeoclub di L'Aquila.

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~


(In alto) Pizzoli, arme nobiliare Crostarosa (Foto: Emanuele Curci 2022):

troncato《di rosso, alla testa di leone al naturale, uscente dal lato sinistro dello scudo,
nella cui bocca una mano di carnagione proveniente dal fianco destro immette un ramo d'albero sfrondato al naturale;
capo di nero con una rosa araldica d'oro, alla fascia d'oro in questo caso sulla partizione.》.


La versione 《pizzolana》in foto, appena descritta, differisce per un paio di colori da quella 《romana》 riportata in RMNO – Vol. II pag. 39, citato come fonte bibliografica dall'armoriale di Wikipedia.
(RMNO= P. ROMANO, Famiglie romane, Roma, Tipografia Agostiniana, 1942 (volume primo) e 1943 (volume secondo) ).

La versione 《romana》, infatti, descrive un 《capo d'azzurro》 e una 《fascia d'argento》.

-----------------------------------------------------


Questa è la descrizione di riferimento,  così come riportata nell'armoriale 《Famiglie romane》 del 1942-1943:
[troncato] 《di rosso, alla testa di leone al naturale, uscente dal lato sinistro dello scudo,
nella cui bocca una mano di carnagione proveniente dal fianco destro immette un ramo d'albero sfrondato al naturale;
capo d'azzurro con una rosa araldica d'oro, alla fascia d'argento sulla partizione.》
-----------------------------------------------------

Il casato Crostarosa, con relativo blasone, non è elencato nel dettagliato elenco del Dizionario storico-blasonico di G. B. di Crollalanza (fine anni '80 dell'Ottocento) mentre è citato nell'armoriale di P. Romano del 1942-1943, già indicato sopra.
Di primo acchito, ciò farebbe ipotizzare una nobiltà con riconoscimento relativamente 《recente》, ossia nel periodo successivo alla pubblicazione del Crollalanza (fine anni '80 del XIX secolo) e quella del Romano (1942-1943).

《Recente》 quantomeno nell'ambito del patriziato romano.

Anche se in ambito aquilano il casato potrebbe risalire già al periodo tra i secoli XVI e XVII
L'ipotesi ad oggi più accreditata è infatti quella di un imparentamento tra il casato Crosta e il casato Rosa (di cui la rosa nel campo superiore del blasone), da cui il cognome odierno, come riferisce Riccardo Ribacchi (ribacchi.it):
La famiglia è originaria dell'Abruzzo e più in particolare di Pizzoli, provincia de L'Aquila.
Creseide Rosa, figlia di Giambattista (1541-1625), regio magistrato, sposò Sante Crosta, di Sassa. Da questo connubio ebbe origine il cognome Crosta-Rosa, unito in appresso da Giuseppe di Francesco. Costui (1653) ebbe cinque figli, fra i quali Maria Celeste, per i suoi prodigi dichiarata Venerabile.


Mauro
-----------------------------------------------------


Pagina di riferimento per la descrizione:


Descrizione disponibile anche in:


Notizie genealogiche sul casato Crostarosa, in:



domenica 8 maggio 2022

IL CASTELLO DI PIZZOLI: DUE DETTAGLI FRA TANTA BELLEZZA


Fig. 1. Pizzoli, castello Dragonetti-de Torres:
la facciata principale con le due meridiane.
(Foto: Emanuele Curci, 2022)




Fig. 2. Pizzoli; castello Dragonetti-de Torres, facciata principale:
 la meridiana con l'ora italiana antica (in alto a destra).
(Foto: Paola Cinque, 2022)

 
Fig. 3. Pizzoli, castello Dragonetti-de Torres:
arme del card. Cosimo de Torres.
(Foto: Paola Cinque, 2022).


Fig. 4. Pizzoli, castello Dragonetti-de Torres:
particolare della facciata principale,
con arme del card. Cosimo de Torres sulla finestra centrale al piano nobile.
(Foto: Paola Cinque, 2022)



IL CASTELLO DI PIZZOLI: DUE DETTAGLI FRA TANTA BELLEZZA 


C'è tanto, tantissimo, da dire sul Castello Dragonetti-de Torres a Pizzoli (L'Aquila), uno dei gioielli architettonici e artistici del territorio aquilano, e in particolare dell'architettura residenziale signorile 《fortificata》, adeguato alle nuove esigenze difensive che già dalla seconda metà del Quattrocento si erano presentate a seguito dell'introduzione delle armi da fuoco. 

Il castello de Torres nella veste odierna 《nasce》nel Seicento, quando già questo adeguamento difensivo era avvenuto a pieno, e si sviluppa intorno a un nucleo fortificato più antico, comprensivo di una torre medievale tutt'ora visibile nel complesso.


C'è molto da dire, appunto.


Il castello Dragonetti-de Torres di Pizzoli, insieme alle tipologie simili in altri centri dell'Abruzzo aquilano (es. Palazzo Santucci ai Navelli), è stato oggetto di una tesi di laurea del dott. Roberto Del Tosto che sabato 7 maggio 2022 ha condotto una visita guidata all'interno di questo stupendo complesso architettonico, nell'ambito di un'iniziativa a cura di Archeoclub L'Aquila in collaborazione con il Comune di Pizzoli.

-----------------------------------------------------


Nel rivedere le tante belle immagini pubblicate dai partecipanti alla visita di gruppo, mi hanno incuriosito alcuni particolari, tra i moltissimi spunti offerti da questo luogo.


1 - Le meridiane che si possono ammirare su due facciate del Castello: due su quella principale, rivolta a Meridione  e una su quella laterale  rivolta ad Oriente.

2 - L'altra curiosità, invece, è un dettaglio araldico nell'arme ecclesiastica del cardinale Cosimo de Torres (1584-1642) che campeggia fuori e dentro il palazzo da lui impostato nel Seicento, con successive ristrutturazioni e ulteriori arricchimenti nei secoli successivi.

-----------------------------------------------------


1-Le meridiane

Come abbiamo visto nel post precedente, fino all'Ottocento compreso, in Italia ebbe largo uso per secoli l'ora antica italiana (《ora italica》) che contava le 24 ore partendo dal tramonto del Sole (ora dell'Ave Maria) e non dalla Mezzanotte come si usa oggi.

L'ora italiana antica derivava dal conteggio delle ore già in uso tra il periodo romano antico e fino al XIII secolo. Nel sistema romano, antico però, le 24 ore non avevano tutte la stessa durata nel corso dell'anno poiché si basavano sulla durata delle giornate solari (《ore ineguali》): quindi d'Inverno avevamo le ore diurne minori di 60 minuti e le ore notturne maggiori di 60 minuti. In Estate accadeva il contrario.

Con l'introduzione degli orologi meccanici su torri e campanili, nel XIII secolo la Chiesa introdusse le 《ore uguali》: il nuovo giorno iniziava sempre all'Ave Maria del tramonto, però le 24 ore vennero fissate a 60 minuti, tutte uguali per tutto l'anno.


Chi invece lavorava per necessità con la luce naturale (contadini, artigiani), continuò a seguire i ritmi naturali del Sole e quindi, di fatto, anche le 《ore ineguali》.

Nel corso dell'Ottocento, l'ora antica italiana venne sostituita gradualmente da quella francese, soprattutto dopo l'Unità d'Italia e poi anche con l'arrivo graduale dell'elettricità nelle strade, prima, e nelle case, poi. 


Le meridiane del Castello Dragonetti-de Torres a Pizzoli, così come abbiamo visto per la facciata della chiesa di San Vito alla Rivera a L'Aquila (Borgo Rivera, largo Tornimparte), riportano entrambe le tipologie: 《italica》 e 《francese》 (ora oltremontana).

---------------------------------------------------------------------------


Sulla facciata principale del Castello di Pizzoli, si possono ammirare due distinte meridiane in alto sulla facciata principale (fig. 1):

- a sinistra del portale abbiamo una meridiana che riporta le ore alla francese (《ora oltremontana》), introdotte gradualmente in Italia (come accennato) nel corso dell'Ottocento, a partire dal periodo di Napoleone Bonaparte, e in qualche caso già prima.


Le ore francesi dividono la giornata in due parti:

- 12 ore da Mezzanotte (inizio del nuovo giorno) fino a Mezzogiorno (inizio del pomeriggio); le ore antimeridiane (AM);

- 12 ore da Mezzogiorno alla Mezzanotte successiva; le ore postmeridiane (pomeridiane; PM).


Per questo la meridiana 《alla francese》 sulla facciata del Castello di Pizzoli, indica le 《 XII 》(《ore 12》) in corrispondenza del Mezzogiorno.


Sul lato destro della facciata (fig. 2), invece, abbiamo una meridiana che segna l'ora italiana antica, e infatti il Mezzogiorno corrisponde alle ore《18》, ossia 18 ore trascorse dal tramonto del giorno precedente.

Una meridiana dello stesso tipo (ora italiana antica) si trova anche sulla facciata est del medesimo Castello.


Al centro del quadrante tutte e tre le meridiane hanno una linea obliqua che taglia la linea verticale dei Solstizi: questa linea obliqua indica la 《linea degli Equinozi》, ossia la linea che indica l'altezza del Sole in questi due periodi dell'anno (Equinozio di Primavera, punto d'Ariete, 20-21 marzo, ed Equinozio d'Autunno, punto della Bilancia, 22-23 settembre) e li collega fra loro. 

Nei giorni intorno agli Equinozi le ore naturali (diurne e notturne) e quelle degli orologi hanno la stessa durata, circa 60 minuti, e l'ombra dello gnomone tocca la linea di Equinozio a Mezzogiorno, quando raggiunge l'altezza massima di quei periodi.

Lungo la linea che indica il Mezzogiorno (《18》) si incrociano la linea obliqua degli Equinozi e quella verticale dei Solstizi.


Al di sopra della linea degli Equinozi è raffigurato il segno del Capricorno, che indica il Solstizio d'Inverno, 21-22 dicembre, quando il Sole raggiunge l'altezza minima al Mezzogiorno; e per questo l'ombra dello gnomone tocca la parte alta della meridiana (con il Sole basso invernale, infatti, la meridiana viene illuminata completamente). 

Nei giorni intorno al Solstizio d'Inverno, le ore diurne naturali sono più corte rispetto a quelle degli orologi (meno di 60 minuti l'una).


Al di sotto della linea degli Equinozi, invece, è raffigurato il segno del Cancro (granchio) che indica il Solstizio d'Estate, 20-21 giugno, quando il Sole raggiunge il punto più alto sull'orizzonte al Mezzogiorno naturale (pressappoco intorno alle 13,00 ora legale, con oscillazioni quotidiane in più o in meno); per questo, con il sole più alto, i raggi vanno a illuminare la parte più bassa della meridiana e l'ombra dello gnomone tocca la linea retta del Solstizio nella parte bassa del quadrante.


Il funzionamento è lo stesso per tutte e tre le meridiane che vediamo sul Castello Dragonetti-de Torres: due (una in facciata e l'altra a est) utilizzano le ore italiane antiche, l'altra le ore francesi.

---------------------------------------------------------------------------


In generale, lo stesso discorso vale per tutte le meridiane con questa struttura.


Nota. In alcuni casi, come la meridiana sulla destra della facciata di San Vito a L'Aquila, i segni zodiacali vengono indicati in forma simbolica, ossia con il loro simbolo stilizzato.

Nelle meridiane come quelle del Castello Dragonetti-de Torres a Pizzoli, i segni zodiacali vengono raffigurati 《al naturale》.

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~


2 - L'araldica

Il secondo dettaglio, invece, è di tipo araldico.


Nell'araldica ecclesiastica contemporanea uno dei principali segni distintivi del blasone (stemma) di un cardinale è il numero delle nappe (fiocchi), che pendono 《a piramide》 dai due lati del galèro (un cappello ecclesiastico 《a disco》 dalla forma particolare, con una 《cupoletta》 al centro).

Per i cardinali le nappe sono 15 per lato, quindi 30 in tutto.

E il colore del galèro è rosso porpora, distintivo dei cardinali.

L'uso del galèro rosso con le nappe, nei blasoni cardinalizi, è attestato dal XIV secolo circa e si afferma nel corso del XV secolo.


Eppure, se osserviamo il blasone del cardinale Cosimo de Torres, fuori e dentro il castello di Pizzoli, ci accorgiamo che le nappe sono 6 per lato, 12 in totale, come negli stemmi dei Vescovi non cardinali, ad esempio.

Nel caso di Cosimo de Torres, a prima vista, ci rendiamo conto che si tratta di un cardinale soltanto perché lo leggiamo sull'architrave della finestra centrale al piano nobile (fig. 4), nonché in altri ambienti del complesso, e perché vediamo il colore rosso del galèro in un blasone dipinto all'interno del Castello (fig. 3).


Quindi la domanda è:

perché 12 nappe (6 per lato), anziché 30 (15 per lato)?

Il motivo ce lo spiega, per esempio, l'Istituto Araldico e Genealogico Italiano (IAGI):

I fiocchi non erano definiti; così, nel tempo, si possono osservare cappelli cardinalizi con uno, tre, quattro o sei fiocchi per lato, al termine dei cordoni. Il numero dei fiocchi diviene, d’uso comune, disposto in quindici per parte, in cinque ordini, di 1, 2, 3, 4 e 5, sotto il pontificato di Pio VI (1775-1779) e confermato nel 1832, con il Decreto della S. Congregazione Cerimoniale del 9 febbraio, dove si recita che si mantenga il numero dei fiocchi, da collocarsi per ciascuno dei due fianchi dello stemma degli eminentissimi padri cardinali, portato a quindici da non molti anni, e sia a tutti proibito qualunque numero ad esso superiore.》(G. ALDRIGHETTI, Araldica ecclesiastica, in http://www.iagi.info/l-araldica-eclesiastica/ ).


Quindi, al tempo del cardinale Cosimo de Torres (Cinquecento-Seicento) il numero delle nappe era variabile, poiché non era stato ancora fissato a 15 per lato, come stabilì poi papa Pio VI Braschi, pontefice dal 1775 al 1799.


All'interno dell'arme di Cosimo de Torres, troviamo le 5 torri 《parlanti》 del casato di origine del cardinale, nobiltà di origine spagnola, ascritta al patriziato romano nel XVI secolo e poi a quello aquilano nel XVIII secolo; per questo Giovan Battista di  Crollalanza, nel suo Dizionario storico-blasonico li elenca come 《Torres (de) di Aquila》 e descrive così la loro arme nobiliare:

Di rosso, a cinque torri d'argento, ordinate in croce di Sant'Andrea》(in fig. 3 vediamo le torri nella versione colore《oro》).

-----------------------------------------------------


Lo stretto legame tra il cardinale de Torres ed Aquila, in particolare con il castello fondatore di Pizzoli, si manifestò anche alla sua morte, quando l'aquilana Accademia dei Velati lo commemorò con la pubblicazione di alcuni componimenti poetici:

A l'Aquila, nel cui vicino feudo di Pizzoli si recava spesso e il cui castello aveva fatto restaurare, la sua morte fu celebrata con la pubblicazione, nel 1642, di alcune poesie degli Accademici Velati, raccolte da G. Floridi.》 (dal lemma 《DE TORRES, Cosimo》, di P. MESSINA, in Dizionario Biografico degli Italiani - Treccani, 1991; volume 39:

https://www.treccani.it/enciclopedia/cosimo-de-torres_%28Dizionario-Biografico%29/  )



Mauro

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~


Sul tema degli orologi vedi anche il post precedente:

https://pianetalaquila.blogspot.com/2022/05/gli-orologicontadinie-il-quadrante-6-ore.html?m=1



martedì 3 maggio 2022

GLI OROLOGI《CONTADINI》E IL QUADRANTE 《A 6 ORE》

Brisighella (Ravenna):
torre dell'orologio con quadrante a sei ore (metà XIX secolo).
(Fonte immagine: Pagina Facebook 《Condifesa Ravenna》
https://www.facebook.com/CondifesaRavenna/ )


Paganica (L'Aquila):
quadrante della tipologia 《a sei ore》
sulla chiesa di Santa Maria al Presepe.

(Foto: Fernando Rossi)


L'Aquila, chiesa di San Francesco in contrada Cianfarano:
campanile con orologio a quadrante di 24 ore (due corone di 12 ore ciascuna).

(Foto: Eleonora Gallo, 2020)




GLI OROLOGI《CONTADINI》E IL QUADRANTE 《A 6 ORE》


Da Paganica a Roma, da Fontecchio a Montereale, a Brisighella, e in tanti altri luoghi: un modo diverso di contare le ore, testimonianza da preservare di una cultura con ritmi differenti rispetto a quelli della nostra età contemporanea; una cultura più sincronizzata, per necessità, con i ritmi naturali.
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~


Per molti secoli in gran parte d'Italia (dal XIII secolo circa), è stato ampiamente vigente il sistema orario all'italiana (anche 《ora italica》), ossia il conteggio delle ore del giorno basato sull'alternanza naturale tra dì e notte: si trattava sempre di 24 ore ma partendo dal tramonto.

Questo orario all'italiana era l'evoluzione dell'orario utilizzato in età romana e fino appunto al XIII secolo circa. 

L'orario più antico (romano) era basato sulle 《ore ineguali》: ogni ora era più o meno lunga a seconda della stagione e della latitudine, poiché le ore di luce e quelle di buio erano divise per la durata effettiva del dì e della notte.
Per questo, come s'intuisce, nel periodo estivo le ore diurne erano più lunghe dei 60 minuti normali, mentre quelle notturne erano inferiori ai 60 minuti. Ovviamente accadeva il contrario nel periodo invernale.

Nel XIII secolo, appunto, con i primi orologi meccanici, si adottarono le 《ore uguali》, di 60 minuti ciascuna.
Il nuovo giorno, però, iniziava sempre al tramonto: più precisamente con il suono dell'Ave Maria dopo il calar del Sole, e i rintocchi delle campane scandivano lo scorrere della giornata.

E partendo dall'Ave Maria, la giornata era divisa in quattro parti da 6 ore ciascuna.


Con l'arrivo di Napoleone Bonaparte in Italia (fine Settecento e inizio Ottocento), ma in alcuni casi già  prima, l'ora italiana antica fu gradualmente sostituita dall'ora francese (detta anche 《ora oltremontana》), che invece prevedeva la divisione del giorno in due parti, da mezzanotte a mezzogiorno (12 ore antimeridiane - AM) e da mezzogiorno a mezzanotte (12 ore postmeridiane, pomeridiane - PM).
Per questo molti orologi furono sostituiti, e dai quadranti a 6 ore si passò a quelli a 12 ore.


Tuttavia, soprattutto nei paesi, dove prevaleva l'attività contadina, l'uso degli orologi a 6 ore e dell'ora italiana antica proseguì almeno per tutto l'Ottocento poiché rappresentava una scansione della giornata più in sincronia con i ritmi della vita contadina, considerando che il lavoro nei campi doveva necessariamente concludersi con il tramonto e considerato anche che le case non erano ancora illuminate dalle luci elettriche.
Per questo era più utile un conteggio delle ore basato sull'alternanza luce-buio.

Un metodo utile, in ogni caso, anche per gli artigiani delle città, fin quando non iniziò a diffondersi l’illuminazione elettrica interna.

Sulla base di questo sistema 《contadino》, molti orologi meccanici installati su torri civiche o campanili, avevano un quadrante che segnava 6 ore, poiché - come già accennato - il giorno era suddiviso in quattro parti da sei ore ciascuna, partendo appunto dall'Ave Maria dopo il tramonto.
A prescindere dalle stagioni, il punto fermo era il mezzogiorno che, sia d'Estate, sia d'Inverno, giungeva sempre nello stesso momento della giornata (con piccoli scarti di alcuni minuti, in più o in meno), quando il sole culminava in direzione Sud.

Gli orologi andavano ovviamente regolati quasi quotidianamente, per adattarli alle variazioni del tramonto, tanto che esistevano delle persone incaricate stabilmente per svolgere questo compito.

Ad esempio, lo studioso Fernando Rossi riferisce che nell'Ottocento a Paganica il tecnico che regolava l'orologio era dipendente fisso del Comune paganichese, oltre al Segretario Comunale, come risulta dai documenti storici dell'allora Intendenza di Provincia (prima dell'Unità d'Italia). Inoltre, sempre a partire dall'Ottocento, diventò importante anche il conteggio dei quarti d'ora, oltre che dell'ora intera.

Ancora oggi, diverse chiese e torri in tutta Italia, scandiscono le ore diurne con suoni brevi ogni 15 minuti e un suono 《maggiore》 ogni ora.


Un sistema del genere può sembrare complicato a noi contemporanei poiché i nostri ritmi sono diversi e per questo usiamo suddividere il giorno in 24 ore da 60 minuti ciascuna, per tutto l'anno, partendo dalla Mezzanotte.
Nella civiltà contadina, invece, l'altro sistema era molto pratico poiché si trattava di una Società in cui il tempo era basato sul lavoro nei campi e sulle preghiere della giornata, un po' come per le ore che scandivano le attività dei monaci, le cui giornate erano suddivise sulla base dei diversi momenti di preghiera tra un'attività e l'altra.


Nel XX secolo si arrivò infine anche al sistema delle 24 ore, che caratterizza più o meno tutti i dispositivi digitali odierni, anche se rimane in uso contemporaneamente il sistema a 12 ore, diviso in AM e PM.
-----------------------------------------------------


A L'Aquila abbiamo un bell'esempio di quadrante a 24 ore sulla torre del campanile di San Francesco in Cianfarano, nota come Cappella Cianfarano, sorta nei primi del Novecento come cappella privata dell'allora villino Camerini: il quadrante di questa bellissima chiesina è formato da una prima corona di 12 ore in numeri romani (da I a XII) e da una seconda corona più esterna in numeri arabi (da 13 a 24).


Sempre a L'Aquila abbiamo anche un esempio dei due sistemi, all'italiana e alla francese.
Sulla bella facciata della chiesa di San Vito alla Rivera, in largo Tornimparte (Borgo Rivera) possiamo distinguere due meridiane: quella a sinistra con il conteggio 《all'italiana》 (o italico), quella a destra con il conteggio 《alla francese》 , basato sull'intervallo mezzanotte-mezzogiorno.
-----------------------------------------------------


Tornando al sistema dell'ora italiana antica, ancor oggi troviamo quadranti di orologi che segnano sei ore, principalmente nei borghi, ossia dove l'industrializzazione di massa della Società arrivò pienamente soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale.


Nel comprensorio aquilano abbiamo, per esempio, quadranti a sei ore sulla torre di Montereale, sulla chiesa di Santa Maria al Presepe (del Castello) a Paganica, sulla torre civica di Fontecchio.

Un orologio a sei ore è presente poi sulla 《Torre del Mascherino》 (o Mascarino) nel Palazzo del Quirinale a Roma, residenza estiva pontificia, poi residenza ufficiale dei Re d'Italia e oggi residenza ufficiale dei Presidenti della Repubblica Italiana.
Un altro esempio di quadrante a sei ore, molto bello, si trova sulla torre dell'orologio di Brisighella (Ravenna), installato nel 1850, e quindi molto dopo rispetto all'introduzione napoleonica del quadrante a 12 ore.



Mauro

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~


Riferimenti sitografici per approfondire (URL consultati in data 03/05/2022):


https://www.imolafaenza.it/luogo/torre-dell-orologio-brisighella/


https://www.treccani.it/enciclopedia/ora_%28Enciclopedia-Italiana%29/


https://www.treccani.it/enciclopedia/ora/


http://www.carnesecchi.eu/tempo.htm


https://www.ilmessaggero.it/primopiano/vaticano/osservatore_romano_giallo_misurazione_ore_passato-573514.html


https://www.gapers.it/2019/10/lantica-ora-italiana-e-i-suoi-vantaggi/


https://www.romasegreta.it/trevi/piazza-del-quirinale.html


https://www.treccani.it/enciclopedia/breviario