lunedì 16 aprile 2018

«Uno sguardo su Accumoli»

Foto di gruppo alla fine della mostra
(Foto: Paolo Rosati, 15/04/2018)

Sono orgoglioso di aver partecipato attivamente all'allestimento e allo svolgimento della mostra fotografica "Uno sguardo su Accumoli", tenutasi presso il Palazzetto de' Nobili a L'Aquila dal 13 al 15 aprile scorsi!

Un'esperienza istruttiva dal punto di vista culturale: grazie alla guida storica di Renzo Colucci, alle piante e ai rilievi dell'architetto Giulio Aniballi di Amatrice, ai modelli tridimensionali di Antonio Cappellanti e alle foto di Giovanni Fazzini, ho avuto modo di conoscere veramente Accumoli, un paese soltanto per le dimensioni ma una città dal punto di vista storico e delle qualità delle sue architetture in gran parte distrutte dai sismi del 2016!
Conoscevo Amatrice, che avevo visitato prima del sisma del 2016, ma non Accumoli, che conoscevo soltanto di nome e che vedevo dalla Salaria percorrendo la strada per Norcia!
La mostra è stata come visitare virtualmente questo borgo dell'Alta Valle del Tronto e capirne a pieno quello che era il suo valore! Un'esperienza che se da un lato mi ha reso ancora più amaramente consapevole della gravità della distruzione dei tanti paesi di quella zona, dall'altro mi ha permesso di prendere ancora più coscienza di quanto questi borghi debbano essere ricostruiti rispettandone il più possibile le loro peculiarità urbanistiche, e di quanto sarebbe inaccettabile se venissero abbandonati a se stessi!

Nel nostro piccolo abbiamo compiuto un primo passo per rendere possibile un importante intervento fortemente simbolico: ricostruire il monumento commemorativo a Salvatore Tommasi, personaggio illustre per la comunità accumolese, e personaggio storico che lega la mia città a quei territori, una volta parte integrante della nostra provincia!

Un'esperienza bella anche dal punto di vista umano che mi ha permesso di conoscere e collaborare con un gruppo di accumolesi volenterosi e pieni di idee e di volontà di ricostruire materialmente il luogo fisico della loro comunità! Una volontà ben impersonata da Andrea, presidente dell'associazione 'Radici Accumolesi' promotrice della mostra fotografica!

Come scrivevo all'inizio è stato un primo passo, ai quali dovranno seguirne altri affinché noi aquilani potremo dare un concreto e fortemente simbolico supporto alla volontà di rinascita di quelle terre sorelle!
E lo scrivo senza retorica! :-)

Mauro Rosati

giovedì 5 aprile 2018

IMMOTA MANET - Memoria, Presente e Futuro


Riflessioni personali sulla tempesta, e sul dopo la tempesta, di nove anni fa.



Umberto Boccioni, La città che sale (Fonte: arte.it)

Quante volte ho sentito, e sento  dire, che il latino non serve a niente, e la cosa non mi ha mai trovato e non mi trova d'accordo! 
Prima di tutto, perché oggi parliamo una lingua nazionale e le nostre lingue locali (dialetti) che altro non sono, semplificando, se non il latino volgare (quello del popolo) evoluto e amalgamatosi con apporti linguistici di origine diverse! Quindi una lingua viva a tutti gli effetti!
Poi c'è il latino dei classici, apparentemente "cristallizzato" nella forma tramandataci dai grandi autori romani e poi ripreso dagli Umanisti, ma in realtà anch'esso attualissimo: il latino è nei motti di nazioni, città, squadre sportive e così via!

Ed è proprio a tre motti latini che mi sono ancorato, più o meno consapevolmente, per affrontare e poi ripartire dalla tempesta che in questi giorni di nove anni fa si era abbattuta sulla mia città e sul suo contado. Non una tempesta d'acqua e/o di vento, ma quella tempesta dal sottosuolo che per alcuni secondi o decine di secondi trasforma la terra in un mare infuriato e rende le opere umane come tante imbarcazioni in preda a quel mare con i loro passeggeri a bordo!
Passata la paura immediata dell'evento, subentrano sentimenti umani come lo shock, il dolore e lo sconforto: dolore e sconforto per coloro che sono rimasti vittime delle navi affondate durante la tempesta, dolore e sconforto nel vedere la propria città sfregiata e, a tratti, poco riconoscibile, e poi un sentimento di rabbia non si sa bene contro chi e contro cosa, e tante altre sensazioni!
Poi subentra un sentimento di rivalsa, la volontà di rimboccarsi le maniche e cominciare, prima con la mente e con i simboli, poi con i fatti, a riprendersi quello che la tempesta ha stravolto. Un assedio al contrario per rientrare tra le mura della città e riconquistarla, riconquistare quel legame materiale con i nostri antenati. Forza di volontà alternata a momenti di sconforto e poi di nuovo tanta volontà! Volontà di non darla vinta agli eventi: non una sfida alla natura ma semplicemente orgoglio di volersi rimettere in piedi, di risollevare il proprio territorio anche in memoria e nel rispetto di quelle vittime innocenti della tempesta, volontà di ridare dignità e splendore ai propri luoghi!

E qui torna il latino!

Come ho scritto sopra, a tre motti in particolare mi sono ancorato nell'affrontare il "dopo la tempesta"!

L'emblema civico aquilano.
L'Aquila: chiesa del Cristo Re (1934), pavimento della navata centrale (particolare).


IMMOTA MANET (rimane salda):
è il motto della mia città, quello che ci ricorda le sue traversie, soprattutto contro le forze della natura ma, nonostante queste, la sua capacità di risollevarsi e rigenerarsi dopo i rovesci subiti; l'orgoglio, anche inconsapevole di riannodare la propria vita a questi luoghi, a queste strade, a queste piazze. 
Un motto che tante volte è stato ed è dissacrato, interpretato e utilizzato in maniera sarcastica per indicare immobilismo. Non ho mai condiviso e non condivido questa lettura: per me personalmente e per i tanti aquilani, di origine e di adozione, che lavorano tutti i giorni per la nostra città, era e rimane un motto dall'accezione positiva, la spinta e il dovere a essere protagonisti attivi della nostra ricostruzione, come in questi anni sta avvenendo; in primis per noi e poi anche per i nostri posteri!

NEC RECISA RECEDIT (neanche spezzata arretra, neanche colpita arretra): motto dannunziano, motto del corpo della Guardia di Finanza, ma anche parole che ben si prestavano a motivare gli animi in quei brutti giorni di nove anni fa! Tra l'altro proprio la Guardia di Finanza, con la sua scuola Allievi Sottoufficiali, rimasta pressoché integra dopo il sisma, fu l'epicentro del dramma nei giorni immediatamente seguenti e poi dei primi nuovi passi: luogo delle esequie solenni della maggior parte delle vittime del sisma, base operativa dell'emergenza e poi base per la primissima ripartenza delle funzioni fondamentali della città, ospitando tanti uffici strategici!
«Nec recisa recedit», neanche la mia città colpita voleva arretrare.
La mia laurea, insieme a tanti altri ragazzi, cadeva proprio in quel mese di aprile; discutemmo la tesi in una tenda organizzata per l'occasione: «che tristezza» si potrebbe pensare su due piedi; invece no! Ricordo ancora con orgoglio quel momento, l'orgoglio di essere tra i primi studenti a laurearci nella città che, anche se non ce ne accorgevamo, aveva già ricominciato a camminare, seppure a piccoli passi e con le ossa ancora rotte!

FLUCTUAT NEC MERGITUR (oscilla tra i flutti ma non affonda): è il motto della città di Parigi, nata su un'isola tra le acque di un fiume; me ne sono ricordato in questi giorni leggendo un saggio che parla proprio dell'attualità del latino! Ho riflettuto su queste parole e anch'esse calzavano bene alla situazione; nel caso della mia città i flutti, le mareggiate, vengono dal sottosuolo e, ogni volta, superata la tempesta, dobbiamo riprendere la rotta! «O navis referent in mare te novi / fluctus (o nave, altre onde ti riporteranno in mare)»: i versi sono tratti dalle «Odi» di Orazio ma il concetto, in versioni diverse, lo ritroviamo dall'antica Grecia fino (leggevo in questo saggio) al vescovo Beato di Liébana: «tempestat mare et fluctuat, sed navicula non mergitur, quia fides non dubitatur (il mare è in preda alla tempesta e ai flutti, ma la navicella non affonda, perché la fede non viene messa in dubbio)» [Ivano Dionigi, Il presente non basta]!
Dopo le onde che hanno portato la nave alla deriva, nuove onde, quelle buone, riportano la nave sulla giusta rotta dopo la tempesta;  queste onde buone sono le energie positive, l'orgoglio e la volontà! Ovviamente servono buoni comandanti, buoni timonieri ma anche buoni rematori! La fede di cui parla Beato di Liébana deve essere per noi la fiducia attiva nella rinascita della nostra città (e quando parlo di città intendo sia il Capoluogo sia i Borghi del Contado)!
Queste onde buone le ho iniziate a vedere un paio d'anni dopo la tempesta e rafforzavano la mia fiducia; ogni gru in movimento, ogni ponteggio nuovo, ogni palazzo che torna alla mia comunità, ogni negozio che riapre lì dove prima c'erano silenzio, calcinacci e muffa, rafforzano questa corrente favorevole che ci sospinge verso la buona rotta.
Riportare la nave sulla rotta giusta è un dovere anche verso la memoria di coloro che sono caduti durante la tempesta di nove anni fa!
E quando la terra, come accaduto due anni fa e l'anno scorso, e poi anche pochi giorni fa, torna a far sentire le sue mareggiate, lo sconforto e la paura tornano a farsi largo nel nostro animo! Meno di due anni fa il centro del nuovo dramma era tra i 20 e i 70 km dalla nostra città e abbiamo vissuto quelle nuove tempeste come fossero anche nostre, sia per la paura che tornava a svegliarsi sia per la compassione umana e fraterna verso dei nostri vicini che stavano vivendo, a pochi passi da noi, una tempesta del suolo i cui flutti giungevano fino a noi a risvegliare i sentimenti di nove anni fa!
In momenti come quelli, dopo la umana e normale paura, proviamo a fare nostri quei versi e, nel quotidiano, facciamo in modo che le nostre navicelle siano sempre più sicure e affidabili durante queste tempeste!
Scacciamo lo sconforto e come bravi rematori riprendiamo in mano la nostra nave comune!
Lo stiamo già facendo, continuiamo!

Mauro Rosati

L'Aquila: Piazza del Mercato; sullo sfondo la rinata chiesa di Santa Maria del Suffragio, detta "delle Anime Sante" (Foto: Mauro Rosati, 2018).



mercoledì 28 febbraio 2018

Ode a Buran (senza pretese poetiche)

Passeggiando per i viali del Parco del Castello (Foto: Mauro Rosati, 2018)


26 febbraio 2018
Bentornato Buran! 🌬🌨❄⛄❄

Bentornato Buran a ricordarci che l'Inverno esiste ancora;
in questi ultimi tre anni sembra essersi perso in altre lande!
Bentornato Buran a ricordarci che viviamo in una città di montagna;
oggi infatti ci hai portato quella che fino a pochi anni fa era una normale nevicata aquilana!
Bentornato Buran a ricordarci le vere temperature invernali dopo un gennaio troppo primaverile!
Bentornato Buran a ricordarci che nella nostra città l'inverno finisce oltre la metà di aprile e non a febbraio!
Bentornato Buran che ci fai dimenticare, come opposto, le temperature infernali della scorsa estate e di altre simili negli ultimi anni!
Bentornato Buran con il tuo vento 'limpido' 
a farci dimenticare l'anticiclone subtropicale che da qualche anno ammorba, a ondate, l'aria delle nostre estati normalmente temperate!
Quant'è difficile capire che senza neve non si beve,
Quant'è difficile capire che senza neve la terra non riposa!
Bentornato Buran a ricordarci che la neve è oro!
Bentornato Buran a ridarci il piacere dei paesaggi innevati!

Bentornato Buran!


Mauro Rosati

sabato 24 febbraio 2018

Collemaggio: 79 anni in pochi metri

Entrando nella restaurata Basilica di Santa Maria di Collemaggio a L'Aquila, si è attratti inevitabilmente e giustamente dalla meraviglia dei grandi spazi delle tre navate, delle luminose absidi e dello stupendo pavimento in pietra aquilana bianca e rossa, e da tanti altri dettagli!
Subito al lato degli ingressi però, un po' defilate, e una paio quasi nascoste, tre epigrafi ci ricordano altrettanti momenti di storia della nostra grande e antica Basilica; tre momenti di storia 'a cavallo' tra la fine dell'Ottocento e il corso del Novecento!

Iniziamo dalla più 'antica':

«Nell'Anno del Signore 1894, il quarto giorno prima delle calende di settembre [29 agosto; n.d.r.], i Cittadini Aquilani, grazie alle offerte raccolte, celebrarono solennemente il giorno del seicentesimo anniversario dell'Incoronazione del divino P[adre] Celestino».

Questa prima epigrafe, datata 1894, ricorda solenni celebrazioni per i 600 anni dall'incoronazione di papa Celestino V avvenuta proprio in quel luogo nel 1294! Una celebrazione che, ci racconta la targa, fu possibile grazie alla partecipazione civica degli aquilani che con le loro donazioni permisero di realizzare degni festeggiamenti per questa grande solennità!



A poca distanza segue un'altra epigrafe, pochi metri nello spazio ma 26 anni dopo nel tempo:



Qui la scritta è in lingua italiana mentre i numeri sono in caratteri romani: le date ci ricordano che nel 1920 fu ricostruita fedelmente la parte alta della facciata, gravemente danneggiata dal terremoto della Marsica del 13/01/1915. Basta uscire un attimo dalla Basilica, e camminare lungo la strada che conduce alla Porta Santa; allontanandosi un po' dalla Basilica e osservando la facciata da dietro vediamo che c'è una parte ricostruita e rinforzata con l'uso di mattoni. Il terremoto del 1915 infatti aveva provocato il ribaltamento quasi completo della parte alta a sinistra della facciata che fu 'smontata' e ricostruita. Di questi danni, oltre alle  cronache è testimone una foto d'epoca!


La facciata della Basilica di Santa Maria di Collemaggio dopo il terremoto del 13/01/1915 (Fonte: quiquotidiano.it)
La targa del restauro del 1920 ci ricorda anche un'altra cosa: all'epoca non esisteva l'attuale Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo (fondato nel 1974) ma esistevano già le Regie Soprintendenze che appartenevano però al Ministero della Pubblica Istruzione; la divisione territoriale era diversa da quella della Soprintendenze di oggi e l'Abruzzo o, più correttamente, gli Abruzzi, apparteneva a un unica  Soprintendenza insieme al Lazio!



L'ultima epigrafe, la più 'recente', ricorda un intervento determinante, 'un prima e un dopo' come si usa dire spesso; un intervento che gli aquilani dai 55-60 anni in su dovrebbero ricordare, un intervento che all'epoca fu molto discusso e che ancora oggi divide l'opinione pubblica tra 'pro' è 'contro', anche coloro che non ricordano la Collemaggio barocca.


Tra la fine degli anni '60 del Novecento e il 1972, l'allora Soprintendente architetto Mario Moretti intervenne sulla Basilica facendo demolire in gran parte le strutture e le iconografie barocche della chiesa (pilastri, stucchi), rimuovendo il soffitto lavorato a cassettoni in legno e  riportando a vista le strutture precedenti alla ricostruzione successiva al terremoto del 1703.
Della Collemaggio barocca si possono oggi ammirare le due absidi laterali e la Cappella dell'abate, testimoni di quella fase storica di questa grande Basilica.



Dopo questo viaggio, lungo nel tempo (dal 1894 al 1973) e breve nello spazio, incamminiamoci ora lungo la navata centrale, verso l'abside principale; qui sulla volta a crociera che sormonta l'altare leggiamo una data, MMXVII (2017), che ci racconta un nuovo capitolo, il più recente, che ha visto la ricostruzione della chiesa dopo il terremoto del 2009; ricostruzione che in due anni, tra il 2015 e il 2017, appunto, ha restituito la Basilica alla sua città e al mondo.
Ma questa è un'altra storia.


Mauro Rosati

mercoledì 31 gennaio 2018

La "Merla bianca"!

(Fonte immagine: il mattino.it)

Una nota, antica e diffusa tradizione, caratterizzata da varianti locali ma più o meno simili, ci ricorda che in genere gli ultimi tre giorni di gennaio dovrebbero essere i più freddi dell'anno. La leggenda narra infatti, molto in sintesi, che i merli, un tempo bianchi, divennero neri dopo che una merla si riparò con i suoi piccoli in un nido sul comignolo di un camino per difenderli dal grande gelo di fine gennaio; dopo questi tre giorni i merli, piccoli e grandi, erano diventati neri a causa del fumo che risaliva dal camino.
Come ogni leggenda, il simpatico racconto contiene ovviamente un fondo di verità ovvero che il periodo tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio è generalmente il più freddo dell'anno così come il periodo tra fine luglio e inizio agosto (la "canicola") è generalmente il più caldo dell'anno.
Da un po' di anni però anche questa leggenda è messa in crisi dalle anomalie climatiche: se da un lato però la "canicola" estiva non ci viene mai risparmiata, dall'altro invece si fa sempre più fatica a riconoscere l'Inverno!
I mancati giorni della merla di quest'anno chiudono il peggior gennaio da tre anni, climaticamente parlando; un gennaio peggiore anche del già caldo gennaio 2016 che però almeno ci portò un paio di giorni di vero gelo, il 19 e il 20. Quest'anno niente! Temperature sopra la media e a tratti primaverili dall'inizio alla fine del mese, senza sosta, senza neve e con poca pioggia! 
Praticamente dall'inizio di febbraio dell'anno scorso è in corso una ininterrotta primavera continuata con un'estate precoce e rovente e proseguita in una nuova primavera che continua da settembre scorso, fatta eccezione per qualche giorno, ogni tanto, di autunno o inverno "provvisori"!
Molti pensano e dicono «meglio così» ma in realtà quello che sembra un bene è un danno sia per il normale ciclo della natura, sia per i nostri bioritmi, anche per i continui sbalzi di temperatura!
Come scrivevo già in un articolo di qualche giorno fa, la natura ha bisogno anche di stagioni di riposo (autunno e inverno) così come ne abbiamo bisogno noi esseri umani! Invece in questi giorni ho visto piante e fiori sbocciare anche alle nostre altitudini e montagne con pochissima neve; un mese intero con soli due giorni nella media e per il resto sempre sopra la media, addirittura con massime anche di 11℃ superiori al normale (circa 17℃ di massima il 5 gennaio scorso)! 
Questo risveglio anticipato, o meglio questo riposo mai iniziato, della natura espone animali e piante a una maggiore vulnerabilità a nuovi possibili sbalzi di temperatura ed ha influenza anche sul nostro umore.
Questo gennaio si conclude con temperature mai scese sotto i -5℃ e con giornate troppo calde per il periodo.
Tornando alla leggenda, una cosa è sicura: se il clima in passato fosse stato quello di questi anni, la merla sarebbe ancora bianca oppure avremmo dovuto pensare qualche altro racconto per giustificarne il colore nero delle piume.
Così come il canto anticipato del passero, anche la perla bianca ci richiama all'attenzione sull'anomalia climatica in corso.

Mauro Rosati

domenica 21 gennaio 2018

Il canto del passero

Il passero mattugio (Fonte: montagneaperte.it)


Il canto dei passeri, o "uccellini/uccelletti" come li chiamiamo comunemente, ci annuncia tradizionalmente l'arrivo della stagione primaverile. La natura che si risveglia, le prime giornate miti, la cosiddetta mezza stagione, che gradualmente ci conducono verso l'estate; 
l'estate bella però, quella mediterranea, mite e senza eccessi.
Così almeno era fino ancora a una decina di anni fa: verso fine marzo, inizio aprile i canti allegri del passero accompagnavano il risveglio della natura dopo la necessaria pausa invernale; non esistono stagioni "belle" o "brutte" ma esistono stagioni del riposo (necessario) e stagioni del risveglio. Così almeno funziona nelle nostre zone temperate.
Da un po' di anni purtroppo questo ritmo graduale e cadenzato è andato sempre più alterandosi, disorientando uomini e altri animali così come le piante!
Questa mattina, 21 gennaio, ho sentito cantare dei passeri; nel periodo più freddo dell'inverno, agli oltre 730 metri di altitudine della mia città e del mio quartiere. 
Questo canto del 21 gennaio però non annuncia il risveglio festoso della natura, è un canto precoce che ci ricorda che siamo in pieno disastro climatico.
Per il terzo inverno consecutivo le montagne sono "nude" fino a oltre 1800 metri di quota quando invece dovrebbero essere coperte da un denso e compatto manto di neve; e la neve dovrebbe essere spesso presente anche in città.
Anche oggi minime e massime oltre 5℃ sopra la normalità; il 5 gennaio addirittura una temperatura massima di 11℃ sopra la media della nostra zona (ben 18℃), roba da fine marzo.
Non c'è molto di buono in tutto questo, soprattutto se si viene da un'estate torrida e siccitosa (quella del 2017), una delle peggiori degli ultimi 15 anni (lo dicono i dati e i fatti).
Questi periodi caldi così prolungati, con temperature primaverili anche in pieno inverno, non fanno che accumulare energia termica (cioè calore) sulla terra e soprattutto nei mari. E, come ci insegnano fin da scuola, l'energia complessiva dell'Universo non aumenta né diminuisce ma si trasforma. E come ricordava tempo fa un climatologo, tutta questa energia termica si trasforma periodicamente in energia cinetica (cioè movimento) che in campo meteo si traduce in violente trombe d'aria, violente tempeste di vento, violente grandinate e anche violente tempeste di neve (come accaduto per esempio in Abruzzo nel gennaio 2017 o in Piemonte nelle scorse settimane)!
Ecco perché, personalmente, penso che non ci sia niente da rallegrarsi quando nel mese di gennaio (e febbraio) germogliano le piante e cantano i passeri. 
Così come una persona che non riposa è una persona più incline alla stanchezza e al cattivo umore, lo stesso accade per la natura!
Ecco perché il canto del passero preferirei ascoltarlo ad aprile!

Mauro Rosati

giovedì 28 dicembre 2017

Ritorno a Collemaggio!

Basilica di Santa Maria di Collemaggio, veduta verso l'abside centrale (Foto: Mauro Rosati, 2017)

Basilica di Santa Maria di Collemaggio, veduta della navata centrale verso l'abside (Foto: Mauro Rosati, 2017)

Basilica di Santa Maria di Collemaggio, navata sinistra, veduta interna del rosone sinistro. (Foto: Mauro Rosati, 2017)
Basilica di Santa Maria di Collemaggio, veduta della navata centrale verso il rosone maggiore. (Foto: Mauro Rosati, 2017)

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27 dicembre 2017
Ritorno a Collemaggio!
8 anni e 8 mesi fa eri per un terzo un mucchio di macerie e per il resto muri pericolanti e colonne sconnesse!
Qualche mese dopo, 8 anni fa esatti, le macerie non c'erano più e al loro posto una copertura trasparente dove prima c'era la volta del transetto; si poteva di nuovo entrare ma la vista era distratta da mozziconi di muri, tiranti, fasce di contenimento! 
I pessimisti dicevano che non saresti stata ricostruita e sarebbe rimasta l'improponobile copertura 'a serra'! 
Ma io non volevo ascoltarli! 
Gli ottimisti attendevano invece l'inizio dei lavori; anch'io ero ottimista e speranzoso e attendevo la tua ricostruzione! Un luogo così non poteva essere abbandonato a se stesso!
Poi, 4 anni fa sei stata chiusa di nuovo, in vista della ricostruzione; troppo pericoloso far entrare la gente nella Basilica 'incerottatata'! La ricostruzione però ancora non iniziava!
Poi 2 anni fa finalmente il recinto, le gru, gli operai e la promessa della ricostruzione in due anni!
La promessa è stata mantenuta!
La messa di Natale 2017 è stata celebrata nella  Basilica ricostruita!
Oggi sono finalmente potuto entrare anch'io per vederti di nuovo bella e accogliente!

Bentornata Basilica di Collemaggio! :D


Mauro Rosati

lunedì 11 dicembre 2017

Previsioni o visioni? - Molto rumore per nulla!

Almeno per quanto riguarda la nostra zona, l'ondata di «gelo e neve» annunciata nei giorni scorsi è stato il terzo "falso allarme"! Fatta eccezione per le temperature basse, ma comunque normali, con valori attorno alla media per il mese di dicembre e non «polari» come enfatizzato dai media, la tanto attesa neve non è arrivata!
O meglio, ha fatto una fugace comparsa, pochi fiocchi, la mattina del 02 dicembre scorso e poi una mezz'oretta sabato 09 dicembre!
E così, da tre anni, il mese di novembre va "in bianco" (e non per la neve) e dicembre non è iniziato nel migliore dei modi, sempre "nevosamente" parlando!
Quel che è più grave, climaticamente, è che neanche sui monti intorno alla città c'è neve a sufficienza! Poca o nulla quella caduta sotto i 1800 metri e, per completare il danno oggi sono arrivati i venti caldi da sud che hanno sciolto quel poco che c'era sotto quelle quote, portando le temperature sopra la media del periodo! La massima continua a salire e in questo momento (ore 20,43) è quasi il doppio della massima media di questo periodo; siamo intorno ai 12 gradi!
A ciò si aggiunge il fastidio nel sentire le tv generaliste parlare di neve e gelo in «tutta Italia»! Quale Italia? Forse i mezzi di comunicazione di massa dimenticano che da 156 anni, almeno amministrativamente, l'Italia comprende un'area che va dalla catena alpina fino alla Sicilia con i suoi arcipelaghi! Invece parlano genericamente d'Italia specificando poi che la neve interesserà solo quattro-cinque regioni e qualche città! Soprattutto annunciando false aspettative per chi di neve ci vive, indotto compreso!
Evidentemente per loro, come per la politica nazionale, l'Italia sono solo alcune regioni e città privilegiate, sempre le stesse, mentre l'Italia-2, principalmente le zone interne, non esiste o comunque è marginale; salvo ricordarsene per riempire i tg con qualche fatto di pettegola cronaca! E questa divisione di fatto "Italia-1" e "Italia-2" non è tanto geografica nord-sud ma è longitudinale e a macchia di leopardo!
Tornando al meteo, l'unica consolazione per il novembre appena concluso è che dopo due annate di novembre secco e "caldo" si sono riviste piogge e temperature vicine alla norma del periodo, salvo qualche giornata più calda del normale!
Un discorso a parte meriterebbero poi le app meteo: con tutte le volte che hanno previsto neve nella nostra città oggi dovremmo averelne come cumulo totale almeno una quarantina di cm! Peccato che quando invece prevedono le odiose ondate di calore estive, inutili e dannose, non sbagliano mai!
Tornando ad oggi, con i rumorosi e dannosi venti "caldi", tutto fumo e danni e niente "arrosto" (neve), continuiamo ad invocare la neve, preziosa per la terra, per le sorgenti ma anche per il nostro umore e per il turismo invernale.

Mauro Rosati

domenica 3 dicembre 2017

Il Museo del Carro agricolo a Paganica (L'Aquila)














03 dicembre 2017
Bella mattinata con Archeoclub L'Aquila nel Museo del Carro agricolo di Paganica ( Carri D'epoca L'Aquila ), 7 km a est di L'Aquila!

Una ricca collezione di carri agricoli di vario tipo provenienti da Abruzzi, Reatino, Umbria, Toscana, Emilia recuperati e restaurati personalmente da Concezio Cacio che con passione e risorse proprie ha messo su l'intera esposizione!
Un museo che tramanda la tradizione del 'Facocchio' aquilano un tempo custodita dalla famiglia Fossi in via dei Giardini a L'Aquila, dove oggi sorge l'Hotel San Michele.

Il museo più grande d'Italia nel suo genere, un'eccellenza aquilana che merita molta più notorietà e visitatori!


Mauro Rosati



sabato 25 novembre 2017

Le "sorba"

Le "sorba" appena raccolte su un letto di foglie
(Foto: Mauro Rosati (2015)


W l'autunno e i frutti dell'autunno!
Le "sorba"!

Ripropongo una mia breve riflessione tra il 'gastronomico' e il letterario su uno dei frutti più caratteristici e, forse, oggi meno noti dell'autunno: "le sorba"!
La loro forma ricorda un po' quella di una pera ma sono molto piccole, circa 3 cm, ed hanno un caratteristico sapore acidulo, "aspretto"! Crescono a grappoli sui rami di alberi alti anche diversi metri e maturano proprio in questo periodo colorando i rami con sfumature di giallo e rosso!
Anche Dante Alighieri cita le sorbe, metaforicamente, nella sua "Commedia" nelle parole di Brunetto Latini: 《Ed è ragion; ché tra li lazzi sorbi / Si disconvien fruttare al dolce fico》(Inferno, XV, 65-66)!
Un frutto oggi forse poco noto! In questa foto sono presentate appena colte in un letto di foglie del loro albero!


Mauro Rosati