mercoledì 13 marzo 2019

LA «SAPIENZA» DEI BORGHI (CITTÀ E PAESI)

LA SAPIENZA DEI BORGHI (CITTÀ E PAESI)
(3° aggiornamento; articolo pubblicato sulla stampa locale aquilana nel mese di marzo 2019)


Il disegno sapiente delle vie, dettato da esperienza, senso pratico e anche valori simbolici e gerarchici.
La chiesa-madre (o la Cattedrale in città) in posizione dominante, per altitudine o per centralità. 
Due gruppi di case (o due gruppi di palazzi) che inquadrano «a cannocchiale» una veduta particolare: per esempio una chiesa, una torre, una piazza, un palazzo monumentale.
Le strade che assecondano la forma del terreno: un monte, un colle, una costa, un piano rialzato al riparo da un fiume. Strade ad anelli concentrici, ad ellissi, oppure strade perpendicolari e perfettamente «incrociate» fra loro; mai per caso però. Strade apparentemente «storte»; volutamente «storte», invece, per assecondare una certa direzione dei venti o del sole; il riparo «da tramontana» e così via. 
I tetti «a spiovente», e non a terrazzo, per resistere meglio a pioggia e neve, mai per caso però.
Più in generale: un mosaico organizzato di piazze, piazzette, case, orti (orti urbani in città), aie e fontanili (o fontane). Un equilibrio di pieni e di vuoti, studiato e non casuale.

Questo sono i borghi storici, innanzitutto! E questo sono i centri storici in generale, nei paesi e nelle città!

Per questo è importantissimo recuperare e preservare i disegni e le volumetrie originali quando si riparano o si ricostruiscono i borghi; per questo è importantissimo rispettare i materiali e i colori locali, i colori naturali di un territorio. Per questo è importantissimo rispettare la forma e le dimensioni delle vie storiche (vicoli, archi, e simili); rispettare la «maglia urbana», che non è nata per caso ma per precise esigenze di adattamento, frutto di un ragionamento più o meno consapevole.

Le strutture dei borghi (città comprese) testimoniano la sapienza tecnica e pratica dei nostri antenati (contadini, allevatori, pescatori, o altro che fossero); scelte mai casuali ma sempre dettate da una profonda conoscenza del territorio e del contesto ambientale. Una capacità di analisi acquisita grazie a quel sapere pratico che si imparava «sul campo», nel rapporto quotidiano con l'ambiente circostante.
Una sapienza e una capacità di dialogo con il territorio che la nostra società ha perso, soprattutto nel Secondo Dopoguerra, a seguito di una certa omologazione edilizia. Un'omologazione edilizia che è nata dall'introduzione di nuovi materiali da costruzione (ad esempio il cemento armato) e a seguito dei cambiamenti socio-economici del nostro Paese durante l'«esplosione» industriale e demografica del XX secolo.
La nostra società, che da agricola è diventata prevalentemente industriale e terziaria, ha perso quel rapporto diretto e quotidiano con l'ambiente naturale in cui vive e quindi ha dimenticato anche quella memoria di conoscenze pratiche che portavano a costruire in certi modi e in certi posti ma sempre in maniera «ragionata».

Oggi pertanto abbiamo il dovere di salvare e/o ricostruire i nostri borghi, unendo le nostre conoscenze tecnologiche alla sapienza dei nostri nonni, rinnovando la sostanza ma rispettando la tradizione locale. Non deve guidarci la presunzione di cancellare il passato perché ci riteniamo migliori di chi ci ha preceduto; ci devono invece guidare l'umiltà e l'intelligenza di saper recuperare le conoscenze pratiche del nostro passato, migliorandole grazie alle nostre nuove conoscenze. Insomma il meglio di ieri con il meglio di oggi!
Essere «moderni» non significa rinnegare il passato ma vuol dire farne tesoro migliorandolo lì dove è necessario; se serve, fare «piccoli innesti e piccole potature» lì dove è necessario, ma evitando i «disboscamenti».

Il concetto di «centro storico» (borghi e città) è diventato forte proprio nell'ultimo secolo, quando la «globalizzazione» dei modi di costruire ha interrotto secoli di tradizioni locali, diverse da un paese all'altro, da una città all'altra. Ecco perché, a differenza del passato, il «centro storico» (di una città o di un paese) è diventato qualcosa da proteggere e recuperare gelosamente: proprio perché rappresenta un modo di costruire (materiali, tecniche, colori) e un modo di pensare che oggi non sono più in uso. Per questo non possiamo fare paragoni con il passato: il concetto di «centro storico», molto «recente», ha creato una zona alla quale bisogna avvicinarsi «chirurgicamente», con il massimo rispetto e con la massima attenzione; una zona da considerare non solo per i singoli edifici vincolati, ma come un insieme completo di case e di strade, di edifici «minori» e di edifici monumentali, che soltanto se conservati insieme ci danno un'immagine completa di una città o di un paese. Anche, e soprattutto, se quel centro storico è da riparare o da ricostruire; città o borgo che sia.

E allora: salviamo gli orti urbani e riqualifichiamoli; salviamo le aie dei nostri borghi in modo che anche i bambini di oggi e di domani vi possano tornare a giocare, come facevano i loro nonni e i loro bisnonni (nelle aie si faceva anche questo, oltre ovviamente alle attività agricole). E lì dove gli orti non sono più coltivati, salviamo quegli spazi «vuoti» e ridiamogli nuova vita come piccoli giardini, ma sempre lasciandoli liberi.

Insomma, riallacciamo quei fili tra la nostra società e quella dei nostri nonni e bisnonni! Soltanto così potremo definirci veramente «moderni»!

Mauro Rosati
-------------------------------------------------------------------

Di seguito propongo una galleria di immagini che evidenziano la persistenza dei nuclei più antichi tra le case e le vie dei borghi! La galleria verrà aggiornata costantemente sempre sotto questo articolo!
Restate sintonizzati! :-)

Esempio n. 1: Coppito (L'Aquila); dall'immagine aerea è facilmente riconoscibile il disegno del nucleo più antico, la «rocca» (o castello) del borgo. Le case intorno seguono la linea di una probabile cinta muraria più antica; la via principale circoscrive ad anello tutto il poggio e si allaccia alle vie «ritte» del nucleo centrale. La parte più alta finisce su uno sperone di roccia, difficilmente espugnabile, che affaccia verso il fiume Aterno, dal lato della piccola chiesa di Madonna della Neve.
A sinistra, fuori dall'immagine, si estende l'espansione orto-novecentesca, più in piano ma sempre secondo un criterio di «difesa» rispetto agli straripamenti del fiume, lontano dalle terre coltivabili e in continuità con la «rocca»!


Esempio n. 2: Pagliare di Sassa (L'Aquila); il toponimo «pagliare» è ricorrente in molti centri abitati di origine rurale ed è testimone linguistico del passato agricolo della nostra società. In questo caso ci  troviamo di fronte a un borgo non difensivo ma adeguato (funzionale) a un'economia fortemente rurale; anche in questo caso però vediamo che il centro abitato è ben distinguibile e si "aggrappa" al colle salendo con "dolcezza" e costanza verso la parte più alta. L'andamento sinuoso dei gruppi di case e delle strade, asseconda in maniera sapiente il dislivello altimetrico. Il borgo si posiziona in modo da lasciare liberi i terreni coltivabili e in modo da essere saggiamente al riparo dai corsi d'acqua che corrono più a valle.


Esempio n. 3: Preturo (L'Aquila). Nell'immagine è ben visibile l'abitato più antico, la parte più arroccata, oggi identificata come «parte alta» del paese.
Anche in questo caso gli aggregati di case sono ben distinguibili secondo una logica legata alla conformazione del terreno, alle pendici del monte; l'abitato è attraversato da due vie principali che si incrociano in una piazza formando approssimativamente una «croce di Sant'Andrea». Uno dei due rami porta da un lato (verso l'alto) alla chiesa della Madonnella di Preturo mentre dal lato opposto si giunge alla chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo, situata più a valle rispetto alla "rocca" del borgo.
Preturo è riparato "a Tramontana" dal versante del monte ed è abbastanza in alto rispetto alla piana agricola sottostante.


Esempio n. 4: Colle di Preturo (L'Aquila). L'abitato del borgo è ben distinguibile, caratterizzato da aggregati compatti ben raccolti, disposti in costa fino allo "svettamento" sul colle, da cui il nome del borgo, "seduto" tra due crinali della montagna che lo pongono in posizione riparata nonostante sia esposto a nord-nord-est. Il paese è attraversato da una strada principale (strada maestra) che attraversa il borgo assecondando l'andamento del pendio. 
Il borgo è sufficientemente in quota rispetto alla piana sottostante, sia per antichi motivi difensivi sia per la tutela dei terreni agricoli in piano, risorsa fondamentale in ogni epoca e soprattutto in un'economia agro-pastorale.


Esempio n. 5: Cese di Preturo (L'Aquila). Il borgo storico è disposto linearmente, "in costa", alla base del monte e lungo un'antica via "di costa" che porta da Preturo a Scoppito.
La conformazione è simile a quella di molti aggregati rurali vicino a terreni coltivabili e allo stesso tempo lungo le locali vie di comunicazione.
Il toponimo «Cese» molto diffuso nella toponomastica dell'Italia centrale e centro-meridionale, può indicare una località adibita al taglio del bosco, anche al taglio di porzioni di bosco da destinare all'agricoltura, o ancora, per estensione, può indicare le siepi di recinzione che separavano i singoli poderi agricoli.
Il borgo di Cese di Preturo si presenta riparato "a Tramontana".